Con 127 voti favorevoli, 17 contrari e 23 astensioni, passa in Senato il decreto Sviluppo bis . Accolto, quindi, il maxiemendamento interamente sostitutivo del ddl n. 3533, sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia. Il testo attende adesso il via libera dalla Camera, ma se questi sono i presupposti, la strada si presenta già in salita. Il Pdl ha, infatti, deciso di non partecipare al voto, pur garantendo il numero legale, “per esprimere nelle forme regolamentari consentite il passaggio del nostro gruppo a una posizione di astensione nei confronti del Governo “. Lo ha detto in Aula il capogruppo al Senato, Maurizio Gasparri. Quello che doveva essere il decreto di rilancio dell’Italia nell’era digitale , fortemente chiesto anche dalla Ue che per voce del Commissario Neelie Kroes ha più volte ribadito che le misure per l’innovazione, volano della digital economy rischia di arenarsi. Non solo il provvedimento appariva monco fin dalla sua nascita, dall’eCommerce ai troppi rinvii ai decreti attuativi per una serie di disposizioni riguardanti smart city o startup, ma è stato svuotato nel corso del suo iter di approvazione, per finire adesso intrappolato in una discussione meramente politica che non ha nulla a che vedere con l’avvio della digitalizzazione del Paese, dalla pa alla sanità, alla giustizia alla scuola, alla reti ngn e alle misure per colmare il digital divide. Tutti i partiti avevano plaudito all’Agenda digitale, avevano detto che avrebbero contribuito al suo miglioramento e che il decreto doveva essere approvato prima della scadenza del mandato del governo Monti, perché urgente per l’Italia. E adesso?
Agenda digitale, ancora un’incognita

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