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30 Maggio 2014 | Attualità

La Rai trema, licenziamenti in vista

Brutte notizie per il servizio radiotelevisivo pubblico: i sacrifici richiesti dal governo, che vorrebbe ricavare 150 milioni da nuovi tagli alla Ra i, porteranno con ogni probabilità a licenziamenti e riduzioni del personale. Il direttore generale Luigi Gubitosi parla apertamente di “ridefinire i livelli occupazionali” , i dipendenti protestano. I soldi risparmiati in viale Mazzini dovrebbero servire a finanziare il decreto legge 66 , quello dei celebri 80 euro garantiti da Renzi ai lavoratori con stipendio più basso. La Rai, secondo il testo, manterrà le sedi regionali già esistenti ma potrà incorrere nella cessione di quote di società partecipate (come RaiWay) e dovrà ridurre il proprio bduget considerevolmente. “Sa tanto di un favore alla concorrenza piuttosto al contributo necessario per finanziare gli 80 euro per 10 milioni di italiani” , è il duro commento del Sindacato autonomo delle telecomunicazioni e radiotelevisivi. “I tagli del decreto – continua il sindacato – sono indiscriminati e non si sa a cosa potrebbero portare. Certo è che con l’accorpamento o la dismissione di sedi Rai, ovviamente, si metterà pesantemente a rischio la realtà occupazionale di migliaia di lavoratori, sia diretti che nell’indotto” .  Si teme anche una svalutazione di RaiWay , che oggi costerebbe 600 milioni di euro ma che, a causa della vendita imposta per legge potrebbe ricevere offerte ben più basse dai potenziali acquirenti. Qualcuno ha anche ipotizzato l’incostituzionalità del Dl 66 , poiché secondo regolamento non si può decidere un taglio al finanziamento pubblico quando già dirigenti e lavoratori hanno prevedibilmente ragionato sui costi da sostenere “per adempiere gli specifici obbloghi di servizio pubblico” . Inoltre, sin qui il canone è stato considerato una “imposta di scopo” , dunque strettamente indirizzato a finanziare i prodotti radiotelevisivi Rai, e non può essere dirottato ad altri scopi. Secondo Usigrai e sindacato autonomo, il governo dovrebbe reperire i fondi per le sue attività straordinare lottando contro l’evasione del canone (100 milioni di euro l’anno circa, solo per gli esercizi speciali come alberghi e aziende), lasciando intatto il patrimonio Rai e le sue dipendenze. Il braccio di ferro tra Renzi e la tv pubblica è solo all’inizio.

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