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3 Giugno 2014 | Attualità

Lo sciopero Rai fa arrabbiare tutti

L’11 giugno i dipendenti Rai si asterranno dal lavoro per protestare contro i tagli annunciati dal governo , che ridurrà il budget di 150 milioni di euro per il 2015 e obbligherà di fatto l’azienda a una riorganizzazione, con licenziamenti e la privatizzazione di alcuni apparati. Lo sciopero non convince Renzi, che l’ha definito una vergogna, ma nemmeno alcuni alti dirigenti del servizio pubblico. “ E’ un errore – ha detto il direttore generale Luigi Gubitosi al Corriere della Sera – . La Rai fa parte del sistema. Ci è stato chiesto un sacrificio e noi lo faremo. La Rai deve lavorare ancora di più per essere promotrice del cambiamento che il Paese chiede e di cui deve essere parte” . Gubitosi ha ribadito di non voler approfittare della riduzione delle risorse per sfoltire il personale, poiché il cambio di guardia è già iniziato con il piano industriale dello scorso anno: “ Dal 2013 sono uscite 700 persone. La Rai va ringiovanita. Abbiamo una popolazione anziana; fa parte del piano e della natura delle cose ridurre una parte della popolazione più anziana e assumere, anche se in numero minore, dei giovani” . Diversi milioni potrebbero arrivare dalla cessione di RaiWay , di cui molti  (tra cui il sindacato Usigrai) temono la svendita:  “Si parla di svendita senza sapere il prezzo” , chiosa il dg, che pensa di piazzare solo una quota di minoranza di RayWay, eccellenza che nel complesso potrebbe valere fino a 600 milioni di euro. Quel che è certo è che ci sarà un taglio degli stipendi di conduttori e volti noti della tv pubblica, oltre a una revisione della struttura Rai , con le sedi regionali che andranno ottimizzate. “ In questi due anni i costi di esercizio della Rai sono scesi di quasi cento milioni l’anno. Abbiamo riportato la Rai in attivo nonostante il continuo calo della pubblicità e il mancato adeguamento del canone” , ha detto Gubitosi. Ora, però, viene il difficile: convincere i dipendenti a rivedere i vecchi accordi, modrnizzare i processi di lavoro e allettare il pubblico, spesso convinto dell’inutilità e della inattualità del servizio pubblico.

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