La Commissione europea sta indagando sul sistema di società finanziarie che fanno capo ad Apple e permettono alla compagnia americana di ridurre al minimo le tasse pagate nel Vecchio Continente . Bruxelles e Cupertino non confermano l’apertura dell’inchiesta, ma il complesso meccanismo di smistamento dei ricavi della Mela su controllate domiciliate in Paesi a fiscalità ridotta o nulla era da tempo nel mirino dell’Unione, che sta provando a riorganizzare il regolamento sulle agevolazioni fiscali per le società hi-tech straniere che decidono di trasferirsi in Europa. A fronte di utili per miliardi di euro, infatti, Apple, Google & Co. versano poche decine di milioni in tasse. L’operazione è di per sé legale e sfrutta alcune falle del sistema impositivo europeo, ma la linea tra quanto concesso e la frode fiscale è decisamente sottile: la Commissione vuole valutare l’effettiva attività delle finanziarie per capire se siano scatole vuote che servono solo a sparpagliare gli incassi di Apple ed eludere tasse ingenti, così da sanzionare eventualmente la compagnia. Il commissario Joaquin Almunia comincerà i suoi approfondimenti da Dublino , sede ufficiale della Mela in Europa. La capitale irlandese ha attirato negli ultimi anni diverse società della new economy grazie a forti sconti sulle tassazioni (ridotte al 12,5%), nel tentativo di creare un circolo virtuoso (lavoro, circolazione di denaro, innovazione e incremento della cultura digitale nel Paese) che rischia però di danneggiare il mercato e di mutuare comportamenti di concorrenza sleale. A Bruxelles tengono d’occhio i creatori di iPhone e iPad almeno dallo scorso autunno , in seguito alle accuse rivolte dal Senato statunitense all’Irlanda, imputata di favorire l’evasione fiscale. Il governo di Dublino ha risposto definendo “aperto e trasparente” il proprio sistema, ma non ha convinto né gli americani né Almunia. Anche perché Apple, nel Paese di Joyce, dando garanzie su occupazione e programmi di insediamento a lungo termine ha ottenuto ulteriori agevolazioni, riducendo le contribuzioni al 2% e rigirando gli introiti a una controllata priva di residenza fiscale, che a sua volta dirottava i proventi in finanziare dislocate in paradisi come Olanda e Lussemburgo. L’Unione europea, che fatica a trovare un accordo comunitario sui sistemi di tassazione e sul trattamento degli investimenti extra-comunitari, per evitare questi giochi transfrontalieri prova a colpire direttamente le compagnie interessate: Apple potrebbe rappresentare il primo passo dell’offensiva fiscalista di Bruxelles. In attesa di una ridefinizione più ampia del regolamento europeo in materia.
Le trame fiscali di Apple sotto controllo dell’Ue

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