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17 Dicembre 2006 | Attualità

Per Time la persona dell’anno è l’internauta

Il settimanale statunitense ha annunciato la persona dell’anno 2006. Questa volta non è stato scelto un personaggio famoso, un grande ricercatore o politico. ‘Time’ ha infatti deciso di rendere omaggio ai milioni di internauti che hanno contribuito a cambiare il mondo dell’informazione. La copertina della testata mostra un computer con lo schermo a specchio: ognuno può guardare la propria immagine e sentirsi la persona dell’anno. “Il 2006 – sottolinea l’editoriale di Time – ha raccontato una storia fatta di comunità e collaborazione su una scala mai vista prima. Si tratta del compendio della conoscenza cosmico che è Wikipedia e del network formato da milioni di canali fatti dalle persone che è YouTube e la metropoli online MySpace”, ma sono anche le storie di persone che ne aiutano altre senza chiedere nulla in cambio. Lo strumento che rende tutto ciò possibile è il World Wide Web, inteso come sistema che “riesce a mettere insieme i piccoli contributi di milioni di persone e a fare in modo che queste contino”. Gli internauti possono informarsi, ma possono anche partecipare e far sapere la propria opinione o far vedere in diretta ciò che accade in un determinato luogo. Il direttore responsabile di ‘Time’ Rick Stengel spiega così la scelta del magazine: “Gli individui stanno cambiando la natura dell’era dell’informazione, i creatori e i consumatori di contenuti generati dagli utenti stanno trasformando l’arte e la politica e il commercio, sono i cittadini impegnati di una nuova democrazia digitale”. Stengel non è preoccupato dal fiorire di questo nuovo tipo di informazione. “La nuova era mediatica del Web 2.0 può rappresentare una minaccia solo se sei convinto che un eccesso di democrazia possa essere una strada verso l’anarchia. Io non lo credo”. I blog e i video degli utenti spesso sono “più immediati e autentici dei media tradizionali – prosegue Stengel -. Sono convinto che queste nuove tecniche possano soltanto migliorare ciò che facciamo come giornalisti e spingerci a lavorare in modi sempre più innovativi”.

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