Fino al 3 ottobre l’evento per coloro che si vogliono specializzare nella scienza che manipola la materia su scala nanometrica
In corso fino al 3 ottobre a Iseo, in provincia di Brescia e sull’omonimo lago, la Scuola di Nanochimica Nanochemistry Camp, una Summer School – autunnale, più che altro – che vede la partecipazione del Nobel per la Chimica 2022, Morten Meldal dell’Università di Copenaghen, noto per il suo contributo allo sviluppo della chimica a scatto insieme a Carolyn R. Bertozzi e Karl Barry Sharpless. L’evento è stato promosso dall’Istituto I.S.E.O., dall’Università degli Studi di Brescia e – novità di quest’anno – dall’Università Cattolica di Brescia.
Sono quaranta i giovani ricercatori selezionati, di cui 29 ricercatrici e 11 ricercatori, per un complessivo 70% di presenze femminili. Provenienti da 32 università in 21 paesi — dal Brasile all’Iran, dagli Usa al Vietnam — i partecipanti sono dottorandi o laureati in Fisica, Chimica e Ingegneria. Tra i docenti intervenuti vi sono Alain Celzard (University of Lorraine) con una lezione sui materiali nanoporosi; Debora Berti (Università di Firenze) e Steven De Feyter (KU Leuven) sugli aspetti nanochimici applicati alla biologia molecolare e cellulare; Emilio Pérez (IMDEA Nanociencia) e Carla Bittencourt (University of Mons) sui nanomateriali mono e bidimensionali; infine Elisabetta Collini (Università di Padova) che affronta le tecniche più avanzate per lo studio dei materiali per tecnologie quantistiche.
La nanochimica è la disciplina che esplora e manipola la materia su scala nanometrica (1–100 nanometri), a livello di atomi e molecole, per progettare materiali con proprietà fisico-chimiche particolari. Qui, le superfici, le interfacce, la distribuzione degli elettroni e gli effetti quantistici diventano protagonisti: cambiano comportamento, reattività, ottiche, forza meccaniche, conduzione termica ed elettrica.
Questo campo interdisciplinare unisce chimica, fisica, biochimica, ingegneria dei materiali e biotecnologie, ed è alla base di innovazioni che spaziano dalla medicina — con farmaci o sistemi di somministrazione mirata, diagnostica molecolare — all’elettronica molecolare, fino alle tecnologie quantistiche, ai nuovi materiali leggeri e super performanti, agli impatti sull’energia pulita e sulle tecnologie ambientali.
Negli ultimi anni l’Italia ha mostrato segnali incoraggianti nel settore delle nanotecnologie e delle nanoscienze, che includono anche la nanochimica. Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha un Istituto di Nanoscienze molto attivo, con sedi in Pisa, Modena e Genova, che conduce progetti di ricerca di base e applicata su materiali nanostrutturati, semiconduttori, materiali carboniosi (come grafene), film sottili, e nanopolveri. Vi sono inoltre bandi recenti per assegni e posizioni di ricerca nel campo delle nanoscienze (ad esempio materiali semiconduttori mediante epitassia, nano-coatings, nanotecnologie applicate al trattamento delle superfici).
Nel settore chimico in generale, l’Italia è ben piazzata per numero di imprese che fanno ricerca: circa 75% delle imprese chimiche italiane svolge attività di R&S. L’innovazione chimica italiana è anche caratterizzata da una forte componente di open innovation e collaborazione pubblico‑privato, elementi essenziali per il progresso nella nanochimica dato che richiede investimenti in infrastrutture, attrezzature sofisticate, e competenze interdisciplinari.