Fine di un’epoca, a Washington: il presidente Barack Obama avrebbe deciso la chiusura della National security agency , organismo di intelligence interna e all’estero, che aveva il compito di garantire la sicurezza americana raccogliendo informazioni a tutto campo e in tutto il globo. Un mandato che debordò fino allo spionaggio indiscriminato di milioni di cittadini in decine di Paesi. La Nsa è il fulcro attorno al quale si è scatenato lo scandalo Datagate , svelato dai file trafugati dall’ex dipendente dell’agenzia, Edward Snowden, secondo cui i software statunitensi tracciavano i movimenti internet di un numero elevatissimo di persone, leggevano e raccoglievano circa 200 milioni di sms al giorno (nel 2011), scandagliavano i file presenti sui pc offline e comoivano attacchi hacker per minare le strutture di ogni nemico potenziale. Attività che hanno leso ripetutamente la privacy degli americani e non solo , causando – una volta svelate – imabarazzi notevoli alla Casa Bianca, che ha dovuto ammettere di aver perso il controllo sulle azioni della Nsa, che tra gli altri ha spiato numerosi capi di Stato e ministri stranieri. L’opinione pubblica e i mezzi d’informazione si sono scagliati contro il Grande Fratello di Washington, che ha negato ogni violazione dei diritti fondamentali, apparendo però poco convincente. Troppo anche per il presidente, che ha deciso una riforma che gradualmente porrà fine alla gigantesca raccolta dati , autorizzata inizialmente dall’articolo 215 dell’infausto Patriot Act, votato a larga maggioranza dal Congresso dopo i fatti dell’11 settembre 2001. Secondo un funzionario dell’intelligence, Obama intende “passare a un programma che conserva comunque le capacità necessarie per controllare e combattere il terrorismo, senza che il governo detenga i dati dei cittadini” . Negli Usa, e non solo, si cambia metodo.
Addio Datagate, Obama chiude la Nsa

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