Il cavallo in questione è quello della Rai, nella bufera politica per la questione nomine nel Cda. La Cdl protesta e chiama in causa Giorgio Napolitano, che però si nega. Le discussioni sulla validità del nuovo Cda Rai infiammano il dibattito in viale Mazzini e si spostano rapidamente in Parlamento grazie alla consueta ventata di polemiche tra le opposte fazioni che caratterizza l’attuale stagione politica italiana. “Io resto qui a svolgere il mio compito in quanto sono sicuro della piena legittimità di questo organismo e della efficacia certa delle sue deliberazioni” dice il presidente della tv pubblica Claudio Petruccioli, che saluta e ringrazia il defenestrato consigliere Angelo Petroni (in quota centrodestra) per il contributo “sempre puntuale e competente” e accoglie “calorosamente” il debuttante Fabiano Fabiani, che si affretta a dire al Corriere della Sera che la sua nomina nel Cda non ha alcun collegamento con “logiche di partito”. Infatti, i citati partiti si rinfacciano la legittimità del Cda Rai con l’eterno gioco dello scaricabarile (“Colpa mia”, “No responsabilità tua”, ecc.). A riscaldare ulteriormente gli animi ci ha pensato la Corte dei Conti che ha inviato ai 5 consiglieri del centrodestra, che votarono la nomina di Meocci a direttore generale poi revocata dall’Agcom per incompatibilità, un “invito a dedurre” con la richiesta di 50 milioni per risarcimento danni. La Corte chiede di presentare le memorie difensive. I cinque consiglieri della Cdl sono Angelo Maria Petroni, Giovanna Bianchi Clerici, Marco Staderini, Gennaro Malgieri e Giuliano Urbani. Un nuovo episodio, che non aiuterà certo il dialogo politico delle prossime settimane.
Agonia dell’equino

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