Come racconta il Corriere della Sera l’ateneo bresciano ha messo a punto un maxi forno per salvare le batterie esauste e l’ambiente
Entro il 20230 il fabbisogno di litio dovrebbe aumentare di circa 30 volte. Per questo in giro per il mondo ci si organizza per riutilizzare quello già impiegato all’interno delle batterie. Succede anche all’Università di Brescia, dove – racconta la pagina locale del Corriere della Sera – è stato messo a punto un forno a microonde di dimensioni fuori dal comune. Il progetto è finanziato dal ministero dell’Università e della Ricerca con un milione di euro e dovrebbe vedere la luce entro un anno presso l’Innovation Hub CSMT.
Parte tutto dall’idea della professoressa Elza Bontempi, che qualche tempo fa ipotizzò di “recuperare il litio ed il cobalto presenti nelle batterie esauste mettendole in un semplice forno a microonde e in una soluzione acida, come l’aceto di mele“. Detto e quasi fatto: a quell’ipotesi sono seguite sperimentazioni per un anno e mezzo e ora si è arrivati allo stanziamento dei fondi per un impianto pilota in grado di trattare quantitativi notevoli di materiale esausto.
Il progetto è di importanza cruciale e c’è da augurarsi che faccia da apripista ad altri visto che, come riporta Corriere, nel giro di pochi anni l’Italia avrà da smaltire 9,2 milioni di batterie e attualmente solo il 5% del litio viene riciclato in tutto il mondo. Rispetto agli altri sistemi di recupero questo forno ha un ridotto impatto ambientale (a differenza dei sistemi idrometallurgici a base di acidi) e ha un basso dispendio di energia (a differenza dei sistemi pirometallurgici con forni a oltre mille gradi).
di Daniela Faggion