Lunedì 5 marzo, ci siamo, la data fatidica per l’entrata in vigore della norma forse più popolare contenuta nel decreto Bersani: lo stop ai costi di ricarica delle schede telefoniche dei cellulari, ma anche delle prepagate per la televisione pay per view. Secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori quella tassa imposta dai gestori vale circa 1,8 miliardi di euro l’anno. Le associazioni dopo essersi fatte scavalcare dalla protesta popolare, ora promettono che vigileranno sulla piena e corretta applicazione, soprattutto per evitare che tutto si risolva con un aumento delle tariffe, come sta già peraltro accadendo in qualche caso. Adusbef e Federconsumatori insistono sul tema della trasparenza tariffaria e sottolineano che l’Agcom, l’autorita’ di Garanzia per le comunicazioni, ha predisposto una delibera, con cui “obbliga gli operatori a mettere a disposizione dei clienti informazioni sul costo reale delle telefonate, dopo un minuto, 3 minuti e 15 minuti, in base all’offerta commerciale sottoscritta”. L’utente, quindi, deve essere informato sul ”costo finale comprensivo di Iva, canone, scatto alla risposta, e anche relativo ai servizi di messaggistica (sms e mms), alla telefonia fissa e a internet”. “Vigileremo – avvertono Adusbef e Federconsumatori, pronte a ”denunciare ad Antitrust, AgCom e magistratura”, qualsiasi ”elusione” alle nuove norme o ”aumenti tariffari arbitrari che colpiscano i consumatori”. Non solo. I consumatori avvertono che le nuove norme valgono per ”per tutte le aziende operanti in Italia, comprese quelle a capitale egiziano”. Un riferimento a Wind, dell’egiziano Sawiris, che secondo le associazioni, sarebbe intenzionata a eliminare i costi di ricarica ”solo per i nuovi clienti e per i vecchi solo se passano (gratis) a uno dei tre piani della nuova offerta per le ricaricabili, in media meno convenienti” Gli altri gestori per l’ora X si sono tutti adeguati. Le nuove norme sono contenute nell’articolo uno del decreto, fin dalla prima stesura. Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 febbraio, il testo dava agli operatori telefonici trenta giorni per adeguarsi. Quando la legge, un mese fa, è approdata in commissione Attività produttive della Camera, si è subito presentato il rischio di uno slittamento dei termini: le stesse aziende chiedevano più tempo per recepire le novità. Il rischio è poi rientrato ed è stato lo stesso relatore del decreto, Andrea Lulli, durante l’esame in commissione ad annunciare che non ci sarebbe stato alcun rinvio rispetto alla data del 5 marzo fissata per avviare il taglio delle ricariche.
Avanti, è l’ora della ricarica senza costi aggiuntivi

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