“Lui dovrebbe essere qua ”, c’è scritto. Come già due anni fa, la sagoma cartonata di Jafar Panahi domina di fronte all’entrata in sala del Berlinale Palast. Il regista iraniano è assente dopo la condanna da parte del regime per colpe d’” opinione cinematografica ”. A Berlino, la sua sedia rimane vuota , così ancora una volta, c’è il film ma non il suo autore. Il film s’intitola Closed curtain : un’abitazione, occlusa da cancelli e tende e da tutto quello che sbarra la vista agli sguardi da fuori. Al centro della scena uno sceneggiatore (Kamboziya Partovi, coautore dello stesso film e storico collaboratore di Panahi) che si isola in quella casa per potere scrivere in tranquillità. A fargli compagnia un cane , trafugato all’interno di una valigia, perché perseguitato da una cultura islamica che lo considera bestia impura, ma anche una donna . Da fuori trapela solo il sonoro di sirene della polizia, manifestazioni.
Berlinale, una sedia vuota per Panahi

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