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19 Ottobre 2006 | Attualità

CACCIA AL GIORNALIStA

Torsello, il fotoreporter rapito in Afghanistan, è stato criticato per aver scelto di andare in una zona ‘calda’. “Le notizie non si trovano in albergo”, ribatte Maso NotarianniIl 12 ottobre 2006 è stato rapito nel sud dell’Afghanistan Gabriele Torsello, 36enne fotoreporter free lance italiano. Torsello si trovava in una delle zone più pericolose del paese “per documentare la vita quotidiana di coloro che combattono per essere liberi: liberi dalla guerra, liberi dalla povertà, dalla discriminazione e dalla paura”. E’ questa la missione di Torsello, che è stato anche in Nepal con i guerriglieri maoisti. Un mestiere difficile, il suo, quello di fotoreporter che si reca nelle ‘zone calde’, anzi ‘caldissime’, dove nemmeno i corrispondenti di guerra delle testate più importanti osano andare. E per essersi spinto troppo oltre Torsello è stato anche criticato. Dopo il sequestro il ministro degli Esteri Massimo D’Alema ha confermato che il giornalista era stato allertato sui pericoli della zona. “Era suo diritto rischiare – ha detto D’Alema – ed è ora nostro dovere cercare di salvarlo”. Come dire: “Se l’è andata a cercare”. “E’ una polemica molto stupida” taglia corto Maso Notarianni, direttore di PeaceReporter.net, la testata che per prima ha dato la notizia del rapimento e che vive sul lavoro di free lance e collaboratori umanitari che stanno nei paesi in guerra. “Il lavoro di queste persone è fondamentale per l’informazione: spesso le notizie importanti vengono proprio da loro. I grandi giornalisti non si mettono così a rischio, salvo alcune eccezioni. Ma le notizie non le trovi certo nelle hall degli alberghi. Non a caso Egisto Corradi diceva che un buon giornalista si vede da quanto ha consumato le suole delle scarpe”

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