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23 Febbraio 2009 | Attualità

Cara scuola, addio all’informatica (forse)

Era una delle 3 i su cui (ri)fondare la scuola italiana (insieme all’inglese e all’impresa), secondo i dettami dell’allora discussa  discussa riforma Moratti. E invece il progetto di un’istruzione a supporto informatico sembra subire un brusco rallentamento. Dal prossimo anno scolastico, i professori della scuola primaria e secondaria di primo grado (le vecchie elementari e medie) vedranno ridursi le ore di Tecnologia e le compresenze, che insieme rendevano plausibile l’aspirazione di istruire a dovere i più piccoli su internet e i fondamenti dell’informatica. ” Non ci saranno tagli indiscriminati ” dichiara il ministro della Pubblica Amministrazione Brunetta, ma il futuro dell’istruzione si prospetta quanto meno travagliato, con la spesa pubblica che vedrà una riduzione di 36 miliardi di euro nei prossimi tre anni. A farne le spese potrebbe essere, prima di altri, lo studio dell’informatica, che richiederebbe un costante aggiornamento di computer e software, oltre che la formazione di docenti specializzati.   Su questo fronte, l’Italia si era mossa per tempo, stanziando circa 700 milioni di euro per la formazione del personale, tra il 1997 e il 2003: soldi che ora, rischiano di aggiungersi alla lista delle spese inutili, anche se il Miur (Ministero Italiano Università e Ricerca), garantisce che “l ‘informatica è parte integrante del percorso formativo della scuola primaria, come nelle altre scuole di ogni ordine e grado “. A difesa di questa tesi vengono portate la possibilità di scaricare libri di testo da internet e l’introduzione delle lavagne interattive multimediali , anche se la capillarità di queste innovazioni resta difficile da misurare. In un clima di vacche magre, un’idea potrebbe essere quella di ripensare l’insegnamento dell’informatica, intendendola come disciplina trasversale con scopi didattici ben precisi e con programmi calibrati su finalità logico-cognitive, oltre che meramente pratiche. Un’informatica dell’apprendimento, insomma, utile per i bambini e possibile per i docenti. Ma cambiare approccio e cultura può essere difficile quanto trovare trovare le risorse economiche necessarie.

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