Per un’elettronica più sostenibile, applicabile per la produzione di dispositivi elettronici degradabili, e una riduzione dell’impatto sull’ambiente.
Non si tratta di una nuova varietà di patatine da mettere in tavola a Natale, ma del risultato ottenuto in Italia dal gruppo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dall’Istituto di Biorobotica, con la collaborazione dell’Istituto di Produzioni Vegetali, la Graz University of Technology e l’Istituto Italiano di Tecnologia.
Da scarto agroalimentare, il cui smaltimento è economicamente svantaggioso per le aziende alimentari, i gusci di mandorla sono stati trasformati in una forma di grafene, impiegato per costruire circuiti e sensori.
I gusci, ricchi di lignina, sono stati polverizzati e combinati con chitosano, un biopolimero derivato dai gusci di crostacei, così da ottenere film flessibili biodegradabili, il cosiddetto LIG, Laser Induced Graphene, un nuovo materiale, altamente conduttivo, che si ottiene dall’irraggiamento laser di materiali ricchi di carbonio.
Questa nuova sostanza apre la strada alla realizzazione di dispositivi elettronici a impatto zero, quali sensori ambientali e medici destinati a degradarsi in maniera naturale dopo l’uso: i materiali si sono rivelati completamente biodegradabili nel suolo in circa 90 giorni
La ricerca, pubblicata sulla rivista Advanced Functional Materials, è stata realizzata nell’ambito del progetto Ligash (Laser Induced Graphene from waste Almond Shells), finanziato dal ministero di Università e Ricerca, col contributo dell’azienda produttrice di mandorle Damiano Organics.

