Secondo uno studio italiano guidato dall’Università di Milano, due mesi prima dell’aumento dei contagi di SARS-CoV-2 gli enterovirus sono aumentati nelle acque degli scarichi
Se il genere umano ha la memoria corta, contro le pandemie non resta che sperare nella “memoria dell’acqua”. Secondo uno studio italiano, guidato dall’Università di Milano, l’analisi delle acque reflue consente di individuare il momento il cui stanno per aumentare i virus, anche quelli delle pandemie e anche quando non sono presenti nelle acque.
La ricerca è stata ora pubblicata sulla rivista Science of The Total Environment. Tra marzo 2020 e dicembre 2022, gli studiosi hanno raccolto campioni di acque reflue dell’area metropolitana di Milano e misurato la concentrazione degli enterovirus: i picchi nella loro concentrazione si sono verificati subito dopo la rimozione delle restrizioni imposte per la pandemia e hanno anticipato di circa due mesi l’aumento dei casi di Covid-19 nella popolazione, quindi l’aumento di virus altri rispetto agli enterovirus.
“Questo nuovo approccio di sorveglianza degli enterovirus permette di ricavare dati epidemiologici fondamentali in assenza di sistemi di sorveglianza clinica“, dichiara la ricercatrice Laura Pellegrinelli, che insegna Analisi dei bisogni e valutazione dei servizi sanitari e ha guidato lo studio cui hanno partecipato anche l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e Regione Lombardia. “L’epidemiologia delle acque reflue”, continua Pellegrinelli, “sarà uno strumento potente per la sorveglianza di future epidemie”. Lo studio ha evidenziato che le persone infette possono espellere grandi quantità di virus con le feci, anche in completa assenza di sintomi.
Ha dunque ragione l’immunologo Anthony Fauci quando dichiara che “se c’è una storia di successo che il Covid-19 ha mostrato è quella che riguarda la scienza di base e clinica”. Se, come dice il professore alla Georgetown University, la nostra “memoria corta” sarà l’arma più potente della prossima pandemia, non ci resta che puntare sugli scienziati e sulla “memoria dell’acqua”.
di Daniela Faggion