I giornali italiani ne hanno parlato per quattro giorni poi le notizie dell’alluvione, che il 10 settembre scorso hanno colpito la Libia causando 11.000 morti, si sono diradate sempre di più fino a scomparire. E’ stato l’uragano Daniel che ha provocato sulla territorio libico intense precipitazioni, diffusi smottamenti, inondazioni e il collasso di due dighe. La città più colpita è stata Derna (anche altre aree della Libia nord-orientale, tra cui le città di Al-Marj, Ajdabiya e Tobruk sono state colpite. In queste città si sono registrate vittime e danni, ma in misura minore) nella regione nord orientale del Paese, qui i danni sono stati enormi con migliaia di morti e altrettanti dispersi. Il numeri reali sono indecifrabile e questo da la dimensione della tragedia: quello ufficiale è 11.000 morti ma Abdulmenan al-Ghaithi sindaco di Derna sostiene che i morti siano circa 20.000 e circa 10.000 i dispersi. Inoltre le infrastrutture sono state completamente travolte dalla forza dell’acqua e sono stati distrutti ponti, strade e edifici. Di fronte a questa situazione pronta e concreta è stata la risposta italiana alle richieste di aiuto delle autorità libiche, come già accaduto quest’anno ad esempio per il terremoto in Turchia.
Poche ore dal passaggio della tempesta Daniel, l’Italia, attraverso il Servizio Nazionale della Protezione Civile, risponde alla richiesta di intervento giunta dalla Libia. E il 13 settembre dopo valutazioni in loco per organizzare un intervento italiano strutturato, partono da Pisa tre aerei dell’Areonatica Militare con a bordo unità dei Vigili del Fuoco specializzate nel contrasto al rischio acquatico di base (MO.CRAB) e nel supporto logistico (TAST – Technical Assistance And Support Teams), insieme ad altro personale specializzato TLC, idrovore e materiali utili a fornire il primo soccorso alla popolazione messi a disposizione dalla Croce Rossa Italiana. Abbiamo intervistato il Capo Reparto Federico Brizio, componente del TAST che ci ha raccontato della presenza delle tre unità di Genova sul territorio libico.
Quanti eravate? Era la prima volte che prendevate parte a una missione di aiuto fuori dall’Italia?
Eravamo tre unità del comando di Genova e non era la prima volta. Abbiamo tutti partecipato a missioni reali in Libano, Arabia Saudita, Cile, Turchia e missioni esercitative in Bulgaria, Croazia, Francia, Spagna, Georgia, Svezia, e molte altre.
Avete ricevuto un addestramento particolare o è bastato il vostro background, e la vostra formazione ed esperienza?
Siamo tutti esperti Vigili del Fuoco, con un numero variabile di anni di servizio; il valore aggiunto è dato dalla formazione continua, sia in ambito nazionale, sia europeo, con la partecipazione alle esercitazioni e ai corsi specifici previsti nell’ambito del Meccanismo di Protezione Civile Europea. Il nostro Team è stato certificato nel 2021 dal Meccanismo, dopo un lungo percorso di preparazione specifica. L’esame finale si è tenuto a Tekirdag (Turchia), con una simulazione di terremoto.
Dove siete stati e per quanti giorni?
Siamo stati a Derna, nella parte orientale del Paese; le prime squadre intervenute hanno operato per 8 giorni e poi sono state avvicendate da nuovo personale proveniente sempre dall’Italia; ora la missione è terminata e tutte le squadre VVF sono rientrate in Italia.
Che situazione avete trovato in Libia? Quanto è grave?
La situazione è molto grave, sia allo stato attuale, sia in proiezione futura. Saranno numerose e significative le conseguenze sociali, sanitari e infrastrutturali connesse alla gravità del disastro.
I soccorsi sono sufficienti?
I soccorsi sono stasti sicuramente più che sufficienti, così come di assoluto valore è stata la collaborazione e l’integrazione fra tutte le risorse nazionali ed internazionali presenti
Quali erano le vostre mansioni? Che cosa avete fatto in Libia?
Una parte della nostra squadra era impegnata sul campo, nelle operazioni di ricerca e soccorso: loro hanno avuto continui contatti con la gente locale* durante le operazioni di penetrazione in macerie. L’altra parte era impegnata a supportare la gestione complessiva dell’evento (attività di supporto al management e office) e quindi le possibilità di incontrare i locali erano più scarse, in quanto l’ambiente di lavoro era interno alla nostra Base delle Operazioni. Un ulteriore parte della nostra squadra ha montato, reso efficiente e portato avanti per giorni il campo base, dando ospitalità completa a circa 50 persone (vitto, alloggio e servizi igienici)
Cosa si porta a casa dall’esperienza dei giorni di lavoro in Libia?
Ci portiamo a casa sentimenti contrastanti. Da una parte la tristezza e la desolazione per la situazione catastrofica presente in Libia, per le vittime, i loro famigliari, le case e le infrastrutture; dall’altro la consapevolezza di aver fatto bene il nostro lavoro, non solo nel settore delle ricerche sul campo, ma anche supportando il Team Europeo di Coordinamento (EUCPT) e interagendo al meglio con le tutte le risorse presenti sulla scena, come il Dipartimento di Protezione Civile, la Marina Militare Italiana e le altre organizzazioni internazionali.
di Sara Giudice