Più di mille giornalisti morti negli ultimi 10 anni esercitando la loro professione. Iraq e Russia sono i paesi più rischiosi, secondo un rapporto reso pubblico da un’organizzazione non governativa. Nella maggioranza dei casi si tratta di uomini morti nel loro paese di origine. Circa la metà di loro sono uccisi da proiettili, altri sono picchiati a morte, torturati, decapitati e vittime di esplosioni. La maggioranza dei defunti sono giornalisti con regolare contratto (91%) mentre il 9% sono free lance. Lo rende noto l’ International News Safety Institute ( INSI), organizzazione che opera nel campo della sicurezza per i giornalisti e per il personale dei media coinvolta inotre nella lotta contro le persecuzioni contro gli operatori dell’informazione in tutto il mondo. Negli ultimi 10 anni 138 giornalisti sono morti in Iraq, 88 in Russia e 72 in Colombia. Altri paesi a rischio sono considerati le Filippine, l’Iran, l’India, l’Algeria, il Messico, il Pakistan e le ex repubbliche della Jugoslavia. Il 2006 è stato l’anno nero con 167 morti contro i 147 del 2005 e i 117 del 2004. Il rapporto dell’INSI è stato condotto tra il 1996 e il 2006 e critica i media che inviano i giornalisti o i free lance senza le necessarie protezioni nelle zone più calde del pianeta. E’ necessario assicurare l’incolumità con giubbotti antiproiettile e la formazione necessaria per cavarsela nel pericolo.
Dieci anni neri di giornalismo di guerra: 1000 morti

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