La nuova serie di EastEnders, telefilm culto della tv britannica, passerà alla storia come la prima ad aver avuto un episodio in cui non figura nemmeno un attore di pelle bianca. Lo show di Bbc, che vorrebbe rappresentare la vita nel cuore della Londra multiculturale, ha alle spalle una solida storia di successi e migliaia di ore di programmazione: ecco dunque che, se da un lato stupisce (in positivo ) la scelta intrapresa dalla produzione (messa in scena plausibile dell’attualità socio-culturale della capitale inglese), dall’altro meraviglia (in negativo) che siano occorsi 23 anni per dedicare i 30 minuti di una puntata interamente a una black family. L’episodio, così come è stato congegnato, è apparso un tentativo, un po’ goffo ma apprezzabile, di recuperare il tempo perduto dalla serie: in una tipica situazione quotidiana, durante una colazione di famiglia, uno dei protagonisti racconta il suo arrivo a Londra nel corso degli anni ‘50, da immigrato. L’innovazione più significativa, probabilmente, è stata l’introduzione esplicita del termine razza durante questa didascalica lezione sui difficili tempi andati. Raramente in uno show per famiglie era stato affrontato in maniera così diretta il problema della discriminazione, e all’intenzione, a maggior ragione perché espressa da un servizio pubblico come Bbc, va riconosciuta la validità Impossibile però dimenticare 23 anni di amnesia storica su uno dei temi più scottanti della storia del ‘900 britannico , la discriminazione razziale appunto. La razza invece dovrebbe tessere la trama dei diversi personaggi di EastEnders, essere parte integrante del loro carattere, scoperchiando un vaso di Pandora della memoria che contiene i violenti scontri degli anni ‘60, le rivolte urbane degli ‘80, e rimanda direttamente il torbido passato della colonizzazione dell’Impero. Tutto ciò che 30 minuti di compendio storico (con veloci rimandi a Martin Luther King e Rosa Parks) non possono assolvere.
EastEnders (Bbc): puntata all-black

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