E’ lecito monitorare l’attività dei propri figli online nel caso in cui non abbiano ancora raggiunto la maggiore età? Risponderà al quesito, generando un importante precedente in un senso o nell’altro, un tribunale statunitense il 12 maggio. Il processo coinvolge Denise New, accusata dal figlio 16enne di essersi introdotta nella sua pagina di Facebook e aver modificato la password per impedire l’accesso al proprietario del profilo. Lane, questo il nome del ragazzo, accusa inoltre la madre di aver pubblicato messaggi diffamatori utilizzando la sua identità Denise New si difende affermando di essersi introdotta nella pagina utilizzando un computer sul quale il figlio aveva dimenticato di fare il logout e di aver cambiato la password per bloccare attività poco consone: “Credevo di essere perfettamente in diritto di farlo. Ho letto cose che avrebbero fatto rabbrividire chiunque. E ciò nonostante lo perdonerò per avermi accusato di molestie” , ha affermato. La donna ha ammesso di aver pubblicato tre, o forse quattro, messaggi e di aver monitorato l’attività del figlio perché preoccupata del suo stato d’animo dopo la rottura di una relazione sentimentale. La patata bollente passa dunque nelle mani del giudice dello stato dell’Arkansas, che traccerà una profonda linea di demarcazione nei rapporti ‘digitali’ fra figli e genitori di tutto il mondo.
Facebook, denunciata mamma curiosa

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