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28 Gennaio 2013 | Attualità

Facebook e BigG inguaiati dalla privacy

L’Europa ha lanciato l’ennesimo monito sulla sicurezza dei dati online e sulle norme riguardanti la privacy degli utenti , spesso male interpretate dalle compagnie internet. Facebook e Google sono due delle società finite sotto osservazione da parte degli organi continentali. Il social network, con la nuova metodologia di ricerca tra i dati dei propri contatti (Graph Search) , ha dato il via a una nuova modalità di sfruttamento delle informazioni, di fatto requisendo i ‘like’ degli iscritti e riorganizzandoli, rendendoli adatti agli approfondimenti tematici e fruibili per gli investimenti pubblicitari. Il prossimo passo sarà il riconoscimento facciale degli utenti: la funzione, attivata per un breve periodo nel 2012, è stata sospesa su richiesta dell’Ue ma tornerà in futuro, slegata da Graph Search così da evitare le grinfie del regolamento sulla riservatezza. Facebook , dopo mesi di discussioni e passi falsi, sta provando ad attenersi alle norme sulla privacy, rispettando almeno i requisiti minimi richiesti: così, in caso di cancellazione dell’account i contenuti verranno trattenuti sui server per tre mesi al massimo, a dispetto del ‘tempo indeterminato’ cui si faceva riferimento in passato. Strategie per attutire le severe norme Ue oppure reale interesse a preservare gli iscritti? Difficile dirlo, ma quel che è certo è che l’utenza è sempre più preoccupata dal trattamento che le compagnie web fanno dei dati personali a loro disposizione . Ne è testimonianza la class action cui Google rischia di incorrere in Gran Bretagna, a causa della violazione della sicurezza – attraverso il suo motore di ricerca -, di migliaia di iPhone e iPad. La società di Mountain View avrebbe spiato i clienti dei dispositivi Apple tracciandone i movimenti su internet, allo scopo di rivendere i dati ai pubblicitari. Per la stessa vicenda, Google è stata condannata negli Stati Uniti al pagamento di una multa di 22,5 milioni di dollari. L’Unione europea indaga, mentre cerca di equiparare le legislazioni degli Stati membri così da garantire un trattamento equo a tutti i cittadini e un regolamento in materia univoco per tutte le aziende. Il grande spauracchio per le web company è rappresentato da internauti consapevoli dei rischi cui la rete li sottopone : privacy e identità digitale sono oggi preoccupazioni cardine per i naviganti, a dispetto di una continua interazione con siti e servizi che prevedono la condivisione di dati e informazioni. Questo paradosso della riservatezza è il vero nodo da sbrogliare per i colossi di internet: più gli utenti si svelano online, più chiedono protezione offline. Per Google, Facebbok & Co. l’utenza è un patrimonio prima di tutto economico: dilapidarlo con mosse sbagliate potrebbe costare più caro di una sanzione milionaria.

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