Nell’era del web 2.0, degli avatar di Second Life, dei video di YouTube e dell’irrinunciabilità della rete in molti aspetti della vita quotidiana, c’è ancora qualcuno che ammette di non sapere cosa sia un sito internet. E lo fa in un’aula di un tribunale. La sua aula, in quanto è stato un giudice londinese ad affermare durante un processo: “il mio problema è che non capisco questo linguaggio, non riesco davvero a capire cosa sia un sito web”. Il procuratore dell’accusa, Mark Ellison, che stava interrogando uno degli imputati, si è soffermato a spiegare al presidente della corte il significato di termini come “sito web” e “forum”, essendo il processo rivolto a un portale dedicato a propaganda terroristica. “Non riesco proprio ad afferrare i concetti”, ha risposto sconsolato il giudice Peter Openshaw, 59 anni, chiedendo l’intervento in aula di un esperto di computer che “per favore tenga le cosa su un livello semplice, dobbiamo partire dalle basi”. I due imputati Younes Tsouli, Waseem Mughal e Tariq al-Daour sono accusati, oltre che di aver pubblicato il materiale propagandistico di organizzazioni estremiste islamiche, di essere in possesso di manuali che spiegano come preparare un’auto-bomba e video che istruiscono terroristi suicidi su come collegare i fili delle bombe che devono portare addosso.
Giudice inglese ammette: non so cos’è un sito web

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