Rivoluzione copernicana nelle acque più profonde, racconta uno studio pubblicato da Nature Ecology and Evolution.
I microbi sono tanto piccoli quanto attivi nel far funzionare la vita sul pianeta Terra. E non solo “sulla” Terra ma anche e soprattutto in mare dove, secondo uno studio pubblicato da Nature Ecology and Evolution, sarebbero gli artefici di strutture complesse di diverso tipo: foreste, agglomerati metallici e scogliere sommerse. A dirlo è un gruppo congiunto di studiosi dell’Università Politecnica delle Marche e degli Stati Uniti.
“Nonostante le loro piccole dimensioni individuali, i microbi marini procarioti ed eucariotici possono formare grandi strutture 3D e habitat complessi”, si legge nell’introduzione del prezioso lavoro, definito una “rivoluzione copernicana degli studi sul mare. “Questi habitat contribuiscono all’eterogeneità dei fondali marini, facilitando la colonizzazione da parte di animali e protisti. Essi forniscono inoltre cibo e rifugio a una varietà di specie e promuovono nuove interazioni ecologiche”.
Qual è il ruolo dei microbi nell’ecosistema? “Essi sono come degli ingegneri, classificabili secondo cinque diverse tipologie di habitat: tappeti microbici, foreste microbiche, habitat microbicamente mineralizzati, affioramenti microbici e noduli microbici. Descriviamo anche i processi metabolici dei formatori di habitat microbici e i loro ruoli ecologici, evidenziando le attuali lacune nella conoscenza”. Gli studiosi marchigiani, parlando con la stampa, non hanno nascosto la loro sorpresa di fronte ai loro stessi risultati.
La loro biogeografia indica che questi habitat sono diffusi in tutti gli oceani e vengono continuamente scoperti a più latitudini e profondità. Si prevede inoltre che questi habitat si espanderanno in seguito ai futuri cambiamenti globali grazie alla loro capacità di sfruttare condizioni ambientali estreme”. Data la loro elevata rilevanza ecologica e il loro ruolo nel sostenere le specie endemiche e gli elevati livelli di biodiversità, gli habitat microbici dovrebbero essere inclusi nelle future misure di pianificazione, conservazione e gestione dello spazio”.
di Daniela Faggion