Con un comunicato, l’Istituto Superiore di Sanità ha corretto l’errata interpretazione sui dati relativi alle vittime del Coronavirus in Italia contenuta in un pezzo giornalistico pubblicato da Il Tempo.
Secondo un editoriale pubblicato dal quotidiano Il Tempo sul tema delle morti per Covid in relazione a un report dell’Istituto Superiore di Sanità del 19 ottobre, gli effetti della pandemia non sono stati così gravi come avvenuto nella realtà. All’articolo, che ha fatto molto discutere, è seguita la risposta dell’ISS che con un comunicato stampa del 25 ottobre ne ha smentito il contenuto su una questione così delicata e importante. Una replica resa necessaria dalla diffusione dell’interpretazione errata contenuta nell’editoriale nel frattempo ripresa da altri osservatori e da gruppi sui social media.
La constatazione dell’autore dell’editoriale è legata a un numero che senza alcuna base scientifica quantifica nel 2,9% i decessi per Covid. Dove sta l’errore? Nell’aver considerato solo la cifra di persone morte per Covid senza malattie pregresse. Queste sarebbero le uniche vittime del coronavirus in base all’articolo de Il Tempo. Non si considera che, pur in presenza di altre patologie, senza il contagio non si sarebbero verificate conseguenze mortali.
L’ISS ha dunque risposto all’erronea interpretazione fatta dal giornalista in merito alle conclusioni del report, ricordando che in base ai rapporti ISTAT-ISS stilati sulla base dei certificati di morte, la COVID-19 è la causa direttamente responsabile della morte nell’89% dei decessi di persone positive al test SARS-CoV-2.
L’ISS ha inoltre precisato che le patologie croniche sono estremamente comuni nella popolazione anziana, per cui anche in chi è stato infettato dal SARS-CoV-2, ma che non è corretto affermare che queste patologie avrebbero comunque portato a decesso “in tempi brevi”. L’Istituto ha poi ricordato anche che queste patologie croniche sono “un elemento di fragilità in genere compensato con appropriate terapie: il contrarre una infezione come SARS-CoV-2 si traduce in un aumentato rischio di complicanze e di morte”.
di Valentina Colombo