Uno studio internazionale ha coinvolto alcune realtà museali italiane, spiegando i viaggi dell’Età del Ferro tra Italia e Africa attraverso il Dna di 30 individui dell’epoca
Hanno viaggiato nel Mediterraneo centrale tra la fine del II millennio e per tutto il I millennio a.C. e oggi l’eco dei loro spostamenti risuona chiara grazie all’indagine del loro Dna, effettuata da uno studio internazionale. È questo il risultato di un progetto guidato dall’Università di Stanford, California, con la collaborazione de La Sapienza e il Museo delle Civiltà di Roma, il Museo Nazionale Etrusco di Tarquinia e la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro.
I 30 viaggiatori, divenuti secoli dopo inconsapevoli oggetti di studio, erano stati ritrovati fra Sant’Imbenia nel nord della Sardegna, Tarquinia in Lazio e Kerkouane, in Tunisia. E proprio dall’Africa all’Italia e dall’Italia all’Africa, con grande dinamismo e interconnessione culturale – racconterebbe il genoma di questi nostri antenati – sarebbero avvenuti i loro spostamenti nell’Età del Ferro. Nello specifico, tanti individui provenienti dal Nord Africa sarebbero arrivati nell’Italia centrale, testimoniando la forte connessione fra Cartagine e l’Etruria. Viceversa, a Kerkouane sarebbero giunti diversi individui ascrivibili alle popolazioni italiane e greche.
L’Età del Ferro aveva conosciuto tanti progressi nella navigazione. Questo favorì le città costiere come la colonia fenicia Cartagine, sulle coste mediterranee dell’Africa (oggi alle porte di Tunisi) che crebbe fino a divenire la principale potenza marittima del Mediterraneo. In generale, in quella lunghissima epoca storica aumentarono i viaggi sulla lunga distanza, le nuove reti per il commercio, le colonie, le migrazioni… E, naturalmente, i conflitti che spingono da sempre le persone a cercare più fortuna lontano da casa.