Tra le condizioni che hanno supportato alcuni degli studi alla base del Nobel per la Fisica 2023 c’è anche il lavoro svolto dai ricercatori guidati dal professor Mauro Nisoli, al Politecnico di Milano. A dirlo sono stati i membri della Commissione per il premio assegnato il 3 ottobre dall’Accademia di Stoccolma, nel documento di approfondimento sui fondamenti scientifici del lavoro di Pierre Agostini, fisico franco-americano che insegna negli Stati Uniti; Anne L’Huillier, fisica francese che insegna in Svezia (nonché quinta donna a ricevere il Nobel per questa materia; Ferenc Krausz, fisico ungherese che ha fatto della Baviera la sua seconda casa.
Tra i tanti paesi del mondo che hanno in qualche contribuito a creare le condizione per la formazione e il lavoro dei tre vincitori di quest’anno, c’è anche l’Italia, per la precisione Milano e il suo Politecnico: “Il percorso verso gli impulsi ad attosecondi isolati ha richiesto sviluppi tecnici che Krausz ha esplorato insieme al suo gruppo di ricerca a Vienna, in collaborazione con il gruppo di Mauro Nisoli a Milano. La collaborazione Milano-Vienna – prosegue il testo della commissione svedese – ha portato alla produzione di quelli che allora erano gli impulsi più brevi di sempre”. Nel 1997, infatti, Nisoli andò a Vienna per eseguire la compressione di impulsi laser ad alta energia con la tecnica di fibra cava, a sua volta basata sull’uso di un capillare di vetro riempito con gas nobili inventata al Dipartimento di Fisica del Politecnico nel 1996.
Nello specifico, Krausz avrebbe poi usato quegli impulsi compressi per generare per la prima volta i suoi impulsi ad attosecondi. Non è peraltro la prima volta che il Poli, come viene abbreviato dai suoi studenti, viene riconosciuto come “pre-condizione” per i Nobel. Gerard Mourou, vincitore per la Fisica nel 2018, venne al Politecnico l’anno dopo per una lezione e ne approfittò per complimentarsi con “il professor Orazio Svelto da 40 anni e il suo gruppo qui al Politecnico è tra i migliori in Europa e al mondo nel campo”.