C’è un pezzo di futuro che parla italiano sulle pagine di Nature Cell Biology, una delle riviste scientifiche più autorevoli al mondo. Una scoperta che segna un punto di svolta nella comprensione di come nasce la vita umana e che porta la firma di due eccellenze accademiche del nostro Paese: l’Università di Padova e l’Università di Torino. I ricercatori italiani sono riusciti a ricreare in laboratorio le primissime, delicate fasi dello sviluppo dell’embrione umano utilizzando un innovativo modello tridimensionale derivato da cellule staminali.
Al centro di questo risultato c’è la sinergia tra i gruppi di ricerca guidati dal professor Graziano Martello del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e dal professor Salvatore Oliviero del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Torino. Insieme hanno sviluppato tecnologie che permettono di analizzare ciò che accade nel nostro corpo nei giorni immediatamente successivi al concepimento, un periodo fino a oggi poco conosciuto.
Le prime fasi dello sviluppo embrionale subito dopo l’impianto nell’utero rappresentano una sorta di “scatola nera” per la scienza. È il momento in cui l’embrione è più vulnerabile — basti pensare che solo un caso su tre prosegue con successo — ma studiare questi meccanismi direttamente sull’uomo è quasi impossibile, sia per evidenti limiti etici che per difficoltà pratiche. La soluzione identificata dalla due Università italiane a questo ostacolo è stata tanto ingegnosa quanto efficace: i ricercatori hanno utilizzato cellule staminali umane istruendole affinché si organizzassero autonomamente.
Il risultato è innovativo: le cellule hanno costruito una struttura tridimensionale, simile a una pallina cava, che riproduce fedelmente ciò che accade in natura. Questa sfera microscopica imita la formazione della cavità amniotica, ovvero la “culla” dove il feto crescerà nei mesi successivi, e simula i movimenti delle cellule che iniziano a migrare per disegnare la futura mappa degli organi del corpo umano. È come avere un modello in scala ridotta e perfettamente funzionante di un cantiere edile, che permette agli architetti di capire come si costruisce l’edificio senza dover entrare nella zona dei lavori.
Ma la scoperta non si ferma alla forma. Grazie ad analisi genetiche avanzatissime, il team italiano è riuscito a identificare i direttori che guidano questo complesso balletto cellulare. Hanno individuato un segnale di comunicazione chiamato TGF-beta che attraverso un gene specifico ordina alle cellule di organizzarsi nella struttura cava. Successivamente, entra in gioco un secondo segnale, l’Activin A, che dà il via libera alle migrazioni necessarie per la formazione degli organi. Meccanismi che sono stati confermati anche attraverso il confronto con modelli animali, a riprova della solidità dello studio.
Le ricadute di questa ricerca per la società sono importanti e concrete. Comprendere questi meccanismi molecolari significa avere nuove armi per combattere l’infertilità e capire perché molte gravidanze si interrompono precocemente. Inoltre, il modello sviluppato è altamente efficiente e replicabile: questo permetterà in futuro di testare quali nutrienti siano fondamentali per lo sviluppo, o quali farmaci possano essere pericolosi in gravidanza, senza la necessità di utilizzare embrioni reali, superando così molti dilemmi etici.
Come sottolineano gli stessi ricercatori, siamo di fronte a uno strumento potente che ci permette di capire “chi fa cosa” nel segreto della vita. Uno studio che non solo apre nuove prospettive mediche per la riduzione di rischi e malformazioni, ma che conferma il ruolo di primo piano dell’Italia nel panorama scientifico internazionale.


