Cresce il numero delle distillerie in Italia, che dopo la pandemia ha registrato un incremento superiore al 20% di nuove aperture.
È quanto emerge dai dati di Distillo Expo, il salone delle attrezzature dedicate alle microdistillerie: a trainare il boom è la cosiddetta “gin craze”, una rinnovata passione che ha portato alla creazione di circa un migliaio di etichette made in Italy, con un incremento superiore al 20% di nuove aperture dopo la pandemia.
Il distillato di ginepro incide per un 80% sul totale della produzione in conto terzi delle distillerie, il 10% riguarda acquaviti e vodka, e liquori e amari per la percentuale restante.
Dal report emerge che sono quasi un centinaio le distillerie attive oggi in Italia, per una produzione ancora contenuta se confrontata con il mondo anglofono, (Regno Unico, soprattutto Scozia, Irlanda e Usa), ma destinata a crescere nel prossimo futuro. Durante la pandemia da Covid 19 sono stati presentati 20 nuovi progetti che fanno ipotizzare la presenza di circa 200 nuove distillerie entro il 2030.
A spingere il fenomeno è appunto il gin, che negli ultimi anni ha rinnovato la propria popolarità nel nostro Paese, facendosi portatore di uno storytelling territoriale grazie alla selezione delle botaniche di produzione, e ristabilendo le proprie origini storiche. Le primissime produzioni riconducibili al gin odierno nascono presso la Scuola Medica Salernitana, nel Medioevo. I monaci salernitani condussero i primi esperimenti utilizzando le erbe dell’orto botanico, non per ottenere una bevanda alcolica, ma per conservare e trasmettere le proprietà terapeutiche del ginepro, e sviluppare un farmaco facilmente trasportabile e utilizzabile nel lungo periodo.