Internet è un bene comune, fondamentale nel processo di sviluppo civile ed economico del Paese. E’ questo il principio fondamentale da cui prende spunto il testo che il Ministero per l’università e la ricerca ha approntato come base per la consultazione pubblica sul web lanciata lo scorso 18 settembre (e si concluderà l’1 novembre) Il documento descrive la rete come uno strumento che favorisce “l’accesso all’informazione, promuove la trasparenza e il buon governo” ed è “motore dell’economia globale, driver di innovazione e infrastruttura per la partecipazione delle imprese, anche locali, all’economia mondiale” . Inoltre, internet è “in grado di abbattere barriere geografiche e di aprire nuovi canali tra istituzioni pubbliche e cittadini, promuovendo creatività, condivisione e partecipazione dal basso” . In quanto viatico di sviluppo e democrazia, è dunque necessario garantire l’accessibilità al web e limitare la censura, che dal testo ministeriale viene definita come “non tollerabile” . Secondo il Governo, quel che invece manca in rete è una tutela della privacy. I nodi del diritto all’anonimato (ed eventualmente all’oblio), nel documento come nella realtà, restano però insoluti e spesso si scontrano con il diritto e la libertà d’informazione. Più netta e (in parte) progressista la posizione sul diritto d’autore online, che va si protetto, ma tenendo conto del “diritto alla copia personale, alla citazione e al riuso della conoscenza in rete” . Il Ministero chiarisce anche le competenze dei diversi attori del web , sottolineando che “gli operatori non sono obbligati ad agire da controllori della protezione delle proprietà intellettuale in ambiente digitale” . Insomma, Hadopi e riforme del copyright in stile anglosassone, in Italia, sono spettri ancora lontani.
Internet, un bene comune per lo sviluppo

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