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25 Ottobre 2023 | Attualità

Italiani campioni di inglese storpiato e inventato

Il Financial Times si accorge di quello che (quasi) tutti gli italiani, da anni, sperimentano almeno una volta nella vita: tentare di parlare in inglese “per sentito dire”

Chi a Milano non è stato mai “briffato”? A Londra non succederebbe mai. E chi invece, a Torino o a Bologna, non ha mai mangiato una “cicles”? A Roma, invece, qualcuno a un certo punto ha sostituito il Presidente del Consiglio dei Ministri con il “Premier”, dimenticando il Minister da qualche parte. Nell’italica arte di arrangiarsi e trovare scappatoie c’è anche quella dell’inglese maccheronico, di cui si torna a parlare dopo un recente articolo del Financial Times, ma che vive e prospera da molto tempo.

Gli emigrati italiani di fine Ottocento / inizio Novecento, che spesso arrivavano negli Stati Uniti parlando solo il loro dialetto di origine e nemmeno l’italiano, si adattavano come potevano a un idioma ancora più lontano e sconosciuto, regalando perle come bisinisse (business, affari), tichetta (biglietto) e Broccolino (Brooklyn), quest’ultimo divenuto addirittura il nome di una varietà linguistica parlata dagli italo-americani di quella zona di New York. Lo cantava d’altronde Renato Carosone: “Tu vuo’ fa’ l’americano ma sei nato in Italy!”

Poi i soldati americani, con la seconda guerra mondiale, vennero in Italia portando i chewing-gum che in Toscana divennero ciuìngam, al centro-sud gingomma e in Piemonte e in Emilia cicles, storpiatura questa ultima di una marca specifica di gomme da masticare, le Chiclets. Quando poi volevano conquistare le bellezze locali senza rischiare sfoderavano i Gold One (marca di preservativi) che gli italiani hanno presto trasformato in goldone al singolare e in goldoni al plurale. Con buona pace del celeberrimo commediografo settecentesco.

Celeberrima la canzone “Prisencolinensinaiciusol” di Adriano Celentano che quest’anno festeggia i 50 anni, dove però le parole imitavano l’inglese senza tentare di avere un significato, tranne l’ “all right” ripetuto spesso, come nota il giornalista del FT. Peggio è accaduto quando gli Italiani hanno voluto “fa’ gli americani” da casa, soprattutto a Milano, dove gli Anni Ottanta e i Paninari hanno spazzato via qualunque pudore in merito.

Sono arrivati gli yuppies (parola che ovviamente in inglese ha una pronuncia diversa), fare fiasco è diventato floppy (per assonanza con “flop”, mentre in inglese era l’aggettivo della piccola memoria rimovibile del pc) mentre ram era qualcosa da dimenticare (già più vicino all’acronimo della Random Access Memory del computer). E poi, ciliegina sulla torta, very arrapation per dire “seducente”.

Le derive del marketing e le follie dei social hanno fatto il resto, per cui – appunto – veniamo briffati (anziché semplicemente “istruiti” o “aggiornati”), abbiamo i meeting e non più le riunioni o gli incontri, siamo a casa in smart (e significativamente dimentichiamo “working”) e andiamo in call (senza precisare video). Per fortuna qualcuno ha condito tutto con un pizzico di ironia e tanta preparazione e ha trasformato questi idiomi in un gruppo musicale: sono i Ciapter Ileven, una band di giornalisti del Sole 24 Ore che, probabilmente stremati dagli strafalcioni li hanno messi tutti in fila in Beggiamo (cioè “passiamo la tessera magnetica”).

Questo rapporto di amore/odio degli italiani con l’inglese è stato certamente alimentato anche dal fatto che, a differenza di tanti altri paesi, in Italia i film stranieri (specie quelli hollywoodiani) sono sempre stati sottotitolati, perciò la lingua di Sua Maestà è a lungo rimasta un compendio esotico. Se avessimo lasciato la lingua originale, ad esempio, sapremmo che l’autostop in inglese è hitch-hiking. Meglio lasciarlo al “Gioca jouer”, il tormentone del 1981 con cui il gran maestro della radiofonia Claudio Cecchetto diede il suo contributo alla mescolanza casuale di lingue.

Reverenza o distanza che sia, il rapporto di storpiatura che gli italiani hanno con l’inglese è forse solo l’altra faccia della medaglia delle torture che infliggiamo alla nostra grammatica a partire dal povero congiuntivo. Una sindrome più ampia, dunque, e ben più antica, se si pensa che già nel 1400 storpiavamo il latino. Sic!

di Daniela Faggion

Italiani campioni di inglese storpiato e inventato - ph. PDPics

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