A promuovere l’iniziativa anche Accademia cucina, Casa Artusi e La Cucina italiana. Il comune denominatore è “concepire il momento della preparazione e del consumo del pasto come occasione di condivisione e di confronto”
La cucina italiana è candidata ufficialmente a patrimonio culturale immateriale dell’Unesco, con buona pace di chi ha provato a spiegare che di storico in questa “tradizione” non ci sia poi moltissimo. Primo passaggio di un iter di valutazione che potrebbe durare fino alla fine del 2025, la candidatura è stata approvata dal Consiglio direttivo della Commissione nazionale italiana Unesco. Le motivazioni sono state illustrate in un convegno a Parma e sostenute da tre istituzioni del settore quali Accademia cucina, Casa Artusi e La Cucina italiana.
Le tre comunità promotrici hanno certamente una grande esperienza in materia. L’Accademia italiana della cucina, fondata nel 1953 da Orio Vergani, ha oltre 80 sedi all’estero, 220 in Italia e oltre 7.500 accademici associati. La Fondazione Casa Artusi è nata nel 2007 per promuovere “la cucina di casa italiana” così come veniva praticata dal romagnolo Pellegrino Artusi sin dalla seconda metà dell’Ottocento. “La Cucina Italiana”, fondata nel 1929, è infine la più antica rivista gastronomica al mondo ancora presente in edicola. E il Comitato scientifico presieduto da Massimo Montanari – professore emerito dell’Università di Bologna, dove insegna Storia dell’alimentazione e dove ha fondato il Master in Storia e cultura dell’alimentazione – ha fatto proprie le loro istanze.
Nel dossier ufficiale la cucina italiana viene definita come un “insieme di pratiche sociali, riti e gestualità basate sui tanti saperi locali che, senza gerarchie, la identificano e la connotano. Un mosaico di tradizioni che riflette la diversità bioculturale del Paese e si basa sul comune denominatore di concepire il momento della preparazione e del consumo del pasto come occasione di condivisione e di confronto”. Questo, forse, anche a parziale risposta del fatto che sulla tradizione di alcune ricette non c’è certezza, ma sul fatto che agli Italiani (tendenzialmente) piaccia stare a tavola concordano in tutto il mondo.
di Daniela Faggion