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21 Maggio 2010 | Attualità

La lettera di Maria Luisa Busi contro Augusto Minzolini

La linea editoriale impressa al Tg1 equivale a “una sorta di dirottamento” a causa del quale il telegiornale della rete ammiraglia “rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori”, mentre finora era stato “il giornale delle culture diverse, delle idee diverse. Le conteneva tutte, era la sua ricchezza”. Oggi l’informazione del Tg1 “è un’informazione parziale e di parte. Dov’e’ il paese reale?, dov’e’ l’Italia che abbiamo il dovere di raccontare?”. Un’Italia fatta anche di precari, di uomini e donne che hanno perso il lavoro, di cassintegrati, di aziende che a centinaia chiudono e di imprenditori del Nord-est che si tolgono la vita perche’ falliti. “Quell’Italia esiste. Ma il Tg1 l’ha eliminata”. Sono le accuse che Maria Luisa Busi mette nero su bianco nella lettera che ha indirizzato al direttore del Tg1 Augusto Minzolini e con cui chiede di essere sollevata dalla conduzione dell’edizione delle ore 20 della testata dove – precisa – “lavoro da 21 anni” e che ama, e la scelta fatta “è per me una scelta difficile, ma obbligata”.   Una lettera fatta avere per conoscenza anche al presidente della Rai Paolo Garimberti, al direttore generale Mauro Masi e al responsabile delle risorse umane, Luciano Flussi , oltre che al Cdr della testata. La Busi ricorda a Minzolini che il Tg1 era il giornale “anche dei colleghi che hai rimosso dai loro incarichi e di molti altri qui dentro che sono stati emarginati. Questo è il giornale che ha sempre parlato a tutto il Paese. Il giornale degli italiani. Il giornale che ha dato voce a tutte le voci. Non è mai stato il giornale di una voce sola”. La giornalista aggiunge “anche io compro la carta igienica per mia figlia che frequenta la prima elementare in una scuola pubblica. Ma la sera, nel Tg1 delle 20, diamo spazio solo ai ministri Gelmini e Brunetta che presentano il nuovo grande progetto per la digitalizzazione della scuola, compreso di lavagna interattiva multimediale”. E “l’Italia che vive una drammatica crisi sociale è finita nel binario morto della nostra indifferenza. Schiacciata tra un’informazione di parte e l’infotainment quotidiano. Una scelta editoriale con la quale stiamo arricchendo le sceneggiature dei programmi di satira e impoverendo la nostra reputazione di primo giornale del servizio pubblico della piu’ importante azienda culturale del Paese. Oltre che i cittadini, ne fanno le spese tanti bravi colleghi che potrebbero dedicarsi con maggiore soddisfazione a ben altre inchieste di piu’ alto profilo e interesse generale”. Nel ricordare che un giornalista ha un unico strumento per difendere le proprie convinzioni professionali: levare al pezzo la propria firma, “un conduttore, una conduttrice, puo’ soltanto levare la propria faccia, a questo punto”.   “Nell’affidamento dei telespettatori – prosegue la Busi – è infatti al conduttore che viene ricollegata la notizia. E’ lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori”. E i fatti de L’Aquila (quando la troupe del Tg1 guidata dalla Busi venne contestata per strada, ndr) “ne sono stata la prova” è stato allora che “ho capito che quel rapporto di fiducia che ci ha sempre legato al nostro pubblico era davvero compromesso. E’ quello che accade quando si privilegia la comunicazione all’informazione, la propaganda alla verifica”. L’ultima parte della lettera contiene annotazioni un po’ più personali. “Ho fatto dell’onestà e della lealtà lo stile della mia vita e della mia professione. Dissentire non è tradire”, e pertanto “respingo l’accusa di avere avuto un comportamento scorretto. Le critiche che ho espresso pubblicamente le avevo già mosse anche nelle riunioni di sommario e a te, personalmente. Con spirito di leale collaborazione, pensando che in un lavoro come il nostro la circolazione delle idee e la pluralita’ delle opinioni costituisca un arricchimento. Per questo ho continuato a condurre in questi mesi. Ma è palese che non c’è più alcuno spazio per la dialettica democratica al Tg1. Sono i tempi del pensiero unico. Chi non ci sta è fuori, prima o dopo”. Inoltre, “respingo l’accusa che mi è stata mossa di sputare nel piatto in cui mangio. Ricordo che la pietanza è quella di un semplice inviato, che chiede semplicemente che quel piatto contenga gli ingredienti giusti. Tutti e onesti. E tengo a precisare di avere sempre rifiutato compensi fuori dalla Rai, lautamente offerti dalle grandi aziende per i volti chiamati a presentare le loro conventions, ritenendo che un giornalista del servizio pubblico non debba trarre profitto dal proprio ruolo”, come pure “respingo come offensive le affermazioni contenute nella tua lettera dopo l’intervista rilasciata a Repubblica, lettera nella quale hai sollecitato all’azienda un provvedimento disciplinare nei miei confronti”.   La Busi sottolinea quindi a Minzolini “ho notato come non si sia levata una tua parola contro la violenta campagna diffamatoria che i quotidiani Il Giornale, Libero e il settimanale Panorama – anche utilizzando impropriamente corrispondenza aziendale a me diretta – hanno scatenato nei miei confronti in seguito alle mie critiche alla tua linea editoriale. Un attacco a orologeria: screditare subito chi dissente per indebolire la valenza delle sue affermazioni. A queste vigliaccate risponderà il mio legale. Ma sappi che non è certo per questo che lascio la conduzione delle 20”. Infine, “Caro direttore, credo che occorra maggiore rispetto. Per le notizie, per il pubblico, per la verità. Quello che nutro per la storia del Tg1, per la mia azienda, mi porta a questa decisione. Il rispetto per i telespettatori, nostri unici referenti. Dovremmo ricordarlo sempre. Anche tu ne avresti il dovere”.

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