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2 Aprile 2025 | Innovazione

La salute cardiovascolare si cura nello spazio

Arrivano sulla Stazione spaziale due nuovi esperimenti italiani per monitorare le radiazioni e la salute cardiovascolare

Sono arrivati con la navetta Crew Dragon, da poco agganciata alla Stazione spaziale internazionale, proposti dall’Agenzia spaziale italiana. Si tratta di due nuovi esperimenti che verso sviluppati in orbita terrestre bassa: il primo, Iris, monitorerà in tempo reale le radiazioni ricevute dagli astronauti, e Drain Brain 2.0, per la misurazione non invasiva dei parametri cardiovascolari in condizioni di microgravità.

L’esperimento Iris, realizzato dall’Istituto nazionale di fisica nucleare – Ttlab insieme all’Università di Bologna, ha come obiettivo quello di monitorare in tempo reale la quantità di radiazioni ionizzanti ricevute durante le attività quotidiane dagli astronauti. E’ previsto l’uso di dosimetri personali attivi, che verranno indossati dagli astronauti internazionali, realizzati con materiali innovativi (semiconduttori organici e perovskiti), capace di rilevare la dose di radiazioni ricevuta da chi li indossa, permettendo di attivare un allarme immediato in caso di sovraesposizione. Le radiazioni ionizzanti presenti nello spazio sono infatti considerate dalla NASA uno dei cinque maggiori rischi per la vita fuori dal pianeta Terra, da mitigare per consentire l’esplorazione umana del Sistema Solare.

L’esperimento Drain Brain 2.0, invece, è realizzato in collaborazione con l’Università di Ferrara, e prevede che gli astronauti indossino uno strumento progettato per rilevare e monitorare in modo non invasivo alcuni importanti parametri per la salute cardiovascolare. Lo strumento diagnostico realizzato con i fondi ASI, è uno speciale pletismografo, cioè un sensore sottilissimo a forma di collarino che può essere facilmente indossato dagli astronauti a bordo e che è sincronizzato con l’elettrocardiogramma. E’ in grado di rilevare i segnali di flusso nella vena giugulare e nell’arteria carotide, i vasi principali del cosiddetto asse cuore-cervello. Oltre a valutare l’adattamento fisico degli astronauti all’ambiente spaziale, questo studio potrà avere importanti ricadute anche per l’assistenza sanitaria a distanza delle persone con scompenso cardiaco.

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