Calcio solo in tv per ragioni di sicurezza. Stadi chiusi per ragioni di ordine pubblico. Passano gli anni, ma la situazione rimane uguale. Si discute ancora di diritti televisivi. La vergogna è andata in diretta tv, a pagamento. L’indignazione, gratuitamente, sugli altri canali di informazione. L’Italia con il calcio fa il giro del mondo: a luglio, tra mille scandali, con il Mondiale vinto dagli Azzurri in Germania e adesso con le immagini della follia di Catania, che poteva essere la follia di qualsiasi città, di qualunque stadio. Giro di vite, pene severe, fuori chi non è in regola. Ma dopo sette giorni si torna a giocare, anche se con gli stadi a porte chiuse. La tv manderà in onda le dirette via satellite, digitale terrestre, internet e telefonini. Il denominatore comune italiano è diventata l’immaturità su piattaforma multimediale: bullismo su internet, video porno con ricatti alle compagne di scuola sui videofonini e la rissa da stadio on demand. E un diciassettenne che confessa di essere stato l’assassino dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, incastrato da una microcamera della polizia. Ma il gotha del calcio italiano, nei panni di Antonio Matarrese presidente di Lega, non è da meno: “Il calcio è un’industria che non si può fermare”. In nome della sicurezza, le partite si vedranno solo in tv. Iniziata in questo clima la discussione sulla legge delega dei diritti tv, approvata a gennaio dalla Camera. Le commissioni Lavori pubblici e Istruzione hanno in preventivo nelle prossime settimane alcune audizioni. Non si esclude che possano essere apportate alcune modifiche per utilizzare una parte degli introiti dei diritti tv per la sicurezza degli stadi.
La solita palla

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