Con 60 siti riconosciuti, l’Italia si conferma il Paese con il più alto numero di patrimoni Unesco. La candidatura della Via Appia è stata promossa per la prima volta direttamente dal ministero della Cultura.
Nel corso della 46esima sessione che si è tenuta a Nuova Delhi, il Comitato del Patrimonio Mondiale ha deliberato l’iscrizione della “Via Appia. Regina Viarum” nella lista dei patrimoni riconosciuti dall’Unesco. Un grande traguardo per l’Italia che raggiunge in questo modo i 60 siti e diventa il Paese con il più alto numero di patrimoni Unesco.
La candidatura è stata promossa per la prima volta direttamente dal ministero della Cultura, che ha coordinato tutte le fasi del processo a cui hanno collaborato molteplici istituzioni: quattro Regioni (Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), 13 città metropolitane e province, 74 comuni, 14 parchi, 25 Università, numerosissime rappresentanze delle comunità territoriali, nonché il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra della Santa Sede.
La storia della Via Appia è molto antica. Lunga 650 chilometri, attraversava l’Italia centromeridionale e fu la prima delle grandi strade di Roma costruite con tecniche innovative, veri e propri capolavori di ingegneria civile che rappresentano oggi i monumenti più durevoli della civiltà romana. Il tracciato, iniziato nel 312 a.C. dal censore Appio Claudio Cieco per collegare Roma a Capua, fu poi prolungato fino a Benevento, Venosa, Taranto e Brindisi, testa di ponte verso la Grecia e l’Oriente. Concepita per esigenze militari, la Via Appia divenne da subito strada di grandi comunicazioni commerciali e di primarie trasmissioni culturali e, nel tempo, è diventata il modello di tutte le successive vie pubbliche romane così come l’origine del complesso sistema viario dell’Impero, che è anche alla base dell’attuale rete di comunicazione del bacino del Mediterraneo.
Nella lista sono entrati anche la residenza Ensemble Schwerin in Germania, il Niah National Park in Malesia, l’area archeologica di Al-Faw in Arabia Saudita, l’insieme scultoreo di Constantin Brâncuși a Târgu Jiu e le Frontiere dell’Impero Romano a Dacia, entrambi in Romania.
di Antonietta Vitagliano