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5 Dicembre 2025 | Ambiente

Liberare in mare aperto i delfini in cattività è lo scopo del nuovo centro riabilitativo di Taranto

Non esiste In Italia una legge in Italia che vieta la chiusura dei delfinari. Luoghi dove i socievoli cetacei invece che vivere liberi in  mare aperto nuotano in vasche di dimensioni nettamente diverse rispetto al loro habitat naturale e anche se ben nutriti e ben curati devono vivere in funzione delle esigenze ludiche dei visitatori. 

Tuttavia nel tempo precisamente negli ultimi quindici anni nel nostro Paese si è passati da cinque delfini a tre, e questo perché nel tempo le diverse norme pur non imponendo  la chiusura hanno alzato progressivamente l’asticella per il mantenimento di questi luoghi. Per esempio aumentando i requisiti strutturali delle vasche, i parametri di benessere, gli obblighi veterinari, costi di gestione e adeguamento e aumentando progressivamente anche le sanzioni per il mancato adempimento.

In sintesi il mantenimento di un delfinario oggi costa molto di più e richiede standard che molte strutture storiche non sono più in grado di sostenere. Da qui la chiusura dei delfinari di Rimini, Fasano, e Gardaland. Sicuramente ha contributo anche l’attività degli animalisti che hanno generato pressione mediatica, politica e giudiziaria rendendo  ancora più difficile la sopravvivenza delle strutture marginali.

Ma i delfini di queste struttura dove vanno e soprattutto come fanno a essere riabilitati al mare aperto? Qui entra in gioco il San Paolo Dolphin Refuge, un’area di sette ettari alle spalle dell’Isola di San Paolo la più piccola delle Cheradi, davanti a Taranto.  Il rifugio, pronto entro il 2026, punta a ospitare fino a diciassette cetacei. I primi quattro arriveranno a giugno. È il secondo centro del genere al mondo.

La vasca principale misura 40×40 metri e raggiunge gli otto metri di profondità. A essa si aggiunge una vasca veterinaria, una sala controllo equipaggiata con sensori marini, telecamere, sistemi di monitoraggio della qualità dell’acqua, e infrastrutture per stoccaggio e preparazione del cibo.

Il progetto è promosso da Jonian Dolphin Conservation (JDC), con il sostegno della Fondazione con il Sud e delle istituzioni locali. L’investimento complessivo è di circa 2 milioni di euro. Il rifugio si integra con il centro scientifico-divulgativo Centro Ketos, già attivo a Palazzo Amati a Taranto

L’obiettivo dichiarato è restituire ai delfini, ora in cattività, una dimensione vicina al loro ambiente naturale per introdurli gradualmente alle acque libere. I cetacei ospitati — provenienti da parchi acquatici o centri di ricerca che chiudono — avranno un periodo di riadattamento al mare, sotto osservazione continua. Il programma coinvolge esperti italiani e internazionali in biologia marina e veterinaria. 

Il San Paolo Dolphin Refuge si propone come un modello di tutela animale conforme alle normative europee più recenti. Il rifugio rappresenta per l’Italia e per il Mediterraneo una novità: è il primo centro che tenta la riconversione del concetto di “cattività” per delfini, privilegiando riabilitazione, monitoraggio e potenziale rilascio. 

Quando i primi delfini arriveranno troveranno il loro habitat naturale. Senza spettacoli, senza applausi. Solo un ambiente controllato per ritrovare libertà gradualmente.

Di <a href="https://www.telepress.news/author/sara-giudice/" target="_self">Sara Giudice</a>

Di Sara Giudice

Nata e cresciuta a Milano, laureata in Relazioni Internazionali, dal 2021 scrivo per Telepress, dove racconto di cultura, arti in ogni loro forma, lifestyle e attualità, dedicandomi con entusiasmo alla sezione New Video. Il mio percorso di sei anni nell’editoria, subito dopo gli studi, orienta la mia attenzione verso tutto ciò che ruota attorno al mondo del libro, dell’arte e della cultura contemporanea.

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