Ha rinfocolato il dibattito sulla libertà in rete la decisone del tribunale di Milano di condannare tre dirigenti di Google per aver permesso la pubblicazione di un video ritraente un minore down. La legge europea in vigore impone la cancellazione di video lesivi della privacy previa segnalazione. La sentenza meneghina invece imporrebbe di procedere con una selezione a priori dei contenuti, difficile da applicare vista la mole. Un’alternativa potrebbe essere l’identificazione degli utenti attivi , rendendo l’internauta editore di se stesso e trasformandolo in un collaboratore degli introiti generati dai click sui suoi video. Aspetti che lo metterebbero in condizione di avere un rientro economico. Una soluzione che snatura alcuni principi del web 2.0 , ma che diversamente dalla ‘censura preventiva’ riconosce all’utente il suo con- tributo. Web 3.0?
Libertà responsabile

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