Twitter, Skype e Facebook si confermano in queste ore unica finestra sulla tragedia che nella notte tra il 12 e il 13 gennaio ha sconvolto Haiti. Dai 140 caratteri postati da Troy Livesay, prima testimonianza del terremoto di magnitudo 7.0 che ha devastato il paese, agli aggiornamenti continui che animano il micro-blogging, che ha comunicato che quattro dei dieci temi più popolari sono dedicati all’accaduto, fino alle pagine create sui social-network da testate giornalistiche, canali televisivi e associazioni benefiche per raccogliere fondi. Le comunicazioni interne al paese, fra coloro i quali si stanno spendendo alla disperata ricerca di amici e parenti, e dirette al resto del mondo, passano esclusivamente attraverso il web. Il racconto di medici, reporter e cittadini è costante e viene ripreso dagli organi di informazione per dare uno spaccato di quello che sta accadendo. Quello che in normalmente viene definito ‘cinguettio’, termine associato ai tweets, si è trasformato in un urlo di disperazione e, soprattutto, in un coro di testimonianze.
L’inferno di Haiti in rete

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