A un primo impatto sembra subito un progetto importante e ambizioso, utilissimo in questo momento storico caratterizzato da guerre e distruzioni. Si tratta del progetto IUPALS (Italian Universities for Palestinian Students) che prevede 97 borse di studio distribuite tra 35 università partecipanti per permettere a ragazzi palestinesi di venire in Italia a seguire un intero ciclo di corsi di studi. Il bando realizzato a maggio 2024 è stato coordinato dalla CRUI, la Conferenza dei Rettori delle Università italiane, e condiviso con il Ministero degli Affari Esteri della Cooperazione Internazionale, il Ministero dell’Università e della Ricerca e il Consolato Generale d’Italia a Gerusalemme. Inoltre sono stati coinvolti due partner locali: Scuole di Terra Santa e Fondazione Giovanni Paolo II. A un secondo impatto, mentre si leggono le condizioni per aderire, si comprende immediatamente che molte di queste possono risultare difficili da perseguire in una situazione di guerra e occupazione. Cossichè grati ma anche un pò affranti a giugno 2025 gli studenti palestinesi attraverso la voce di Rete Ricerca e Università per la Palestina (RUP) hanno chiesto con una lettera pubblica e incisiva alla CRUI di modificare velocemente alcune condizione che avrebbero precluso ai ragazzi la possibilità di aderire. Ne citiamo solo alcune che sono emblematiche. Anzitutto non è prevista nessuna omogeneità nelle regole di adesione. Quindi fondamentalmente sono 35 bandi diversi che di certo non facilitano l’iscrizione degli studenti sotto le bombe o nei campi profughi. In secondo luogo da parte di alcuni atenei viene richiesto come conditio sine qua non un corso di italiano obbligatorio in presenza a Ramallah o a Betlemme. Nella lettera per ovvie ragioni i ragazzi palestinesi hanno fatto presente che è molto complesso muoversi nel territorio, difficilissimo per chi vive in Cisgiordania, impossibile per i gazawi.
Anche la possibilità di seguire corsi online utilizzata da alcune università non si rivelata più facile da perseguire in un territorio che ha l’elettricità poche ore al giorno.
Andando avanti un ulteriore condizione è l’obbligatorietà del passaporto come unico documento di identità valido per la domanda di borsa.
Pare incredibile come non sia stato considerato che sono moltissime le persone palestinesi a cui Israele nega un passaporto o a cui decide di non rinnovarlo. Nella lettera viene proposto dalla Rete la possibilità di ricorrere all’utilizzo di carte d’identità locali o predisporre meccanismi di verifica alternativi, come la convalida da parte del Consolato generale italiano a Gerusalemme.
L’appello palestinese si chiude chiedendo alla CRUI di rivedere questo aspetti e sopratutto di mettersi al più presto “in contatto con il Ministero dell’Università e della ricerca affinché coordini con il ministero degli Esteri e della cooperazione internazionale l’accesso delle studentesse e degli studenti palestinesi ai bandi IUPALS in termini di ottenimento dei visti per l’Italia e di passaggio sicuro delle frontiere, siano esse con l’Egitto, per le persone provenienti da Gaza, con la Giordania, per le persone provenienti dalla Cisgiordania, o da Israele, per le persone provenienti da Gerusalemme. “
La CRUI non ha mai risposto a questa lettera ne commentato attraverso dichiarazioni o prese di posizione. La redazione di Telepress News ha domandato alla CRUI come mai non è mai stato risposto nulla e come mai è stato fatto un bando cosi poco lungimirante dal punto di vista dei criteri di adesione. Anche in questo caso nessun commento.
Mentre è stato possibile dialogare con l’Università degli Studi di Milano, nella persona del Prorettore ai Servizi agli Studenti e Diritto Allo Studio, il professor Stefano Simonetta. Unimi ha messo a disposizione più borse di studio fra tutte le università: ventidue in totale. La graduatoria pubblicata sul sito presenta cinquantatre ragazzi idonei. L’università ne ha contatti fino al numero trentacinque e hanno raggiunto questi ventidue ragazzi, ventuno di Gaza e uno della Cisgiordania. Il professor Simonetta cerca di sentirli spesso, ci racconta che molti si stanno spostando a causa dell’invasione di terra e quando riescono lo avvisano. Ci conforta che se anche il bando presentava numerosi ostacoli, i ragazzi sono riusciti a candidarsi, ad esempio seguendo corsi online di italiano quando era possibile. Il professor Simonetta conferma inoltre che la diplomazia sta lavorando costantemente per attivare dei corridoi umanitari e cercare di far uscire questi ragazzi da Gaza. Da luglio il professor è impegnato costantemente nella gestione di questo progetto, nel non perdere le tracce di questi ragazzi e si augura di poter presto andare a prenderli in Giordania.