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23 Gennaio 2023 | Attualità

L’Italia del calcio cambia maglia

Finita la collaborazione con Puma. Si torna agli anni Settanta con Adidas, sempre con divise fra il blu e il bianco (che non convincono gli appassionati).

Appena presentate le nuove divise dell’Italia a marchio Adidas qualcuno non ha potuto fare a meno di notare che, sul bianco, le striature marmoree (che dovrebbero aulicamente richiamare la nostra tradizione artistica e culturale) ricordino piuttosto una bella fetta di gorgonzola. Detto questo, l’annuncio del ritorno di Adidas come fornitore della Nazionale di Calcio è stato salutato dai tifosi soprattutto con grande sollievo, perché con Puma non solo non si vinceva più, ma nemmeno ci si qualificava ai Mondiali. Qualcuno potrebbe eccepire che a correre e a segnare sono i calciatori, non le maglie che portano a spasso, ma si sa: nella categoria degli scaramantici i tifosi la fanno da padrone.

“Maglia che vince è sempre bella”, dichiara a Telepress.news Marco Scurati, giornalista sportivo e curatore del seguitissimo blog Ama La Maglia: “Adidas è un top brand in generale e, in ambito calcistico, ha un credito fresco fresco notevole, avendo vestito l’Argentina nel Mondiale da poco vinto in Qatar. E la statistica non era certo dalla sua parte, visto che più della metà delle 32 finaliste vestivano Nike. Puma, d’altronde, ha vinto con l’Italia il suo primo mondiale di calcio, quello del 2006, e l’Europeo del 2021, lasciandoci però anche brutti ricordi”. Ad esempio, la mancata qualificazione ai campionati del 2018 e del 2022 e il mancato superamento della fase a gironi (con avversari sulla carta non sempre temibili) nel 2010 e nel 2014.

Scaramanzia e statistiche a parte, l’elemento più convincente della divisa Adidas sembra essere il ricco contratto che la accompagna. Spiega Scurati: “Stando a Reuters, la Nazionale italiana incasserà 35 milioni di euro all’anno, contro i 20 sborsati da Puma. E in un momento difficile per la squadra, soprattutto a livello di risultati, un contratto così, della durata di quattro anni, probabilmente rinnovato per altri quattro, è davvero una boccata d’ossigeno preziosa”.

Un ritorno, dicevamo, quello di Adidas, che aveva già fatto da fornitore all’Italia fra il 1974 e il 1978. Il brand tedesco, però, non aveva mai brandizzato le nostre maglie: da un lato perché, negli anni Settanta, non era consentito mettere alcun marchio sulle maglie dei calciatori ai Mondiali; dall’altro perché all’epoca Adidas forniva tute, borsoni, scarpe e calzettoni, ma non le t-shirt: “La maglia del ‘74 fu prodotta dal maglificio Landoni, quella del ‘78 dal maglificio Baila”, racconta Scurati, perché allora usavano anche i piccoli produttori locali.

Rispetto al materiale, si può star tranquilli che verranno utilizzati gli ultimi ritrovati della tecnologia affinché tagli, cuciture, laccetti, colletti e fit garantiscano il massimo comfort quando gli undici Azzurri o le undici Azzurre saranno in campo. “Ai più attenti non sarà sfuggito che i modelli presentati assomigliano molto alle casacche di Belgio, Germania e Argentina”, precisa Scurati, “mancava solo di adattare colori e forme”. Con un concept italico che ricordi l’arte e il marmo… oppure il gorgonzola! Probabilmente, la nuova divisa vorrà maglietta e pantaloncini monocromatici (o entrambi azzurri, o entrambi bianchi: il cosiddetto Big Colour che Adidas aveva già prodotto per l’Italia del rugby. Nell’ambito del calcio, probabilmente, rispetto al fattore estetico incide di più quello funzionale rispetto ai dispositivi di supporto arbitrale, che devono rilevare movimenti e azioni anche a partire dalle divise.

di Daniela Faggion

L'Italia cambia maglia

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