Più di novantamila richieste, di cui solo la metà esaudite. Questo il bilancio di due mesi di diritto all’oblio sancito ufficialmente dalla Corte europea e applicato da Google. Il motore di ricerca ha ricevuto decine di migliaia di segnalazioni di utenti che chiedevano la cancellazione di link che li riguardavano dai risultati di ricerca: nel 50% dei casi, la compagnia ha però negato l’assenso. Un utente su due vorrebbe la sparizione degli indirizzi che lo riguardano dai risultati elencati da BigG, ma non ha i requisiti adatti per ottenere questo privilegio: spesso i link sono notizie tutt’oggi valide, che non compromettono in maniera inadeguata la privacy e non contengono contenuti inesatti. Dei 328mila incriminati, dunque, ne sono stati estromessi dalle ricerce poco più di 160mila . L’Europa, la prima a preservare per legge la volontà di sparizione dalla rete (almeno teorica), fa da laboratorio per il resto del pianeta , in cui ferve la discussione tra attivitsti web e sostenitori dei diritti individuali. I più attenti al fenomeno, nel Vecchio Continente, sembrano essere i cittadini di Francia, Germania e Spagna; in Italia, i moduli inviati a Google sono stati circa 6mila. Il processo di vaglio delle richieste va ancora migliorato, così come le modalità di intervento : per ora da Mountain View hanno tolto le pagine solo dalle ricerche locali, ovvero della nazione da cui è giunto il modulo di stralcio, ma l’Ue ha in programma un incontro per definire al meglio le norme e l’applicazione del diritto all’oblio, per evitare che la rete venga privata di pagine importanti e che tutto il lavoro ricada sulla discrezionalità dei motori di ricerca. Sulla questione, insomma, c’è ancora molto da dire.
L’oblio a metà di Google

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