Ottocento milioni di utenti popolano la città virtuale di Facebook. Almeno altrettanti sono i loro doppi, ovvero i profili fittizi che il social network avrebbe costruito attraverso le informazioni raccolte da iscritti e non iscritti al sito. Dettagli su famiglia, residenza, hobby e passioni, video preferiti, orientamenti politici e sessuali: con queste nozioni, Facebook è in grado di delineare dei profili ombra utili a fini commerciali, per gli inserzionisti che popolano le pagine del network, oppure per ricerche esterne . L’inchiesta intrapresa contro la sete irlandese di Facebook sta portando alla luce pratiche decisamente poco ortodosse per la raccolta di dati riguardanti gli internauti, non sempre informati sui termini di conservazione degli stessi, e in particolare riguardo profili mai nati sulla piattaforma. Mark Zuckerberg e compagni avrebbero in pratica spiato milioni di internauti, invadendone la privacy. Senza scordare il rischio costituito dai pirati informatici, allettati dal bottino di miliardi di dati in grado di dare un’idea piuttosto precisa e articolata del popolo della rete. Il portavoce della compagnia americana ha respinto ogni accusa , sostenendo che Facebook si limita a trattenere gli indirizzi e-mail delle persone invitate dai profili già attivi. Un’inezia, rispetto a quanto ipotizzato sopra, ma indice comunque di una vera e propria caccia alle informazioni online su cui forse gli utenti sono troppo poco informati e su cui invece servirebbe grande consapevolezza. Per evitare che le identità digitali si mangino quelle reali, e che il marketing virtuale pervada il nostro quotidiano.
L’ombra lunga di Facebook

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