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6 Giugno 2023 | Ambiente, Attualità

Nei ghiacci italiani la memoria di Prima Guerra Mondiale e nucleare

Le prime analisi del progetto ClimADA sulle vette dell’Adamello hanno rilevato uno strato scuro, probabile lascito del primo conflitto mondiale.

Le testimonianze della Prima Guerra Mondiale e dei test nucleari del 1963 non si trovano solo sui libri di scuola. Sull’Adamello, il massiccio fra Lombardia e Trentino, si lavora dal 2021 per verificare che cosa racconta della Storia il ghiacciaio e, dopo due anni di indagini e studi, oggi si è arrivati a reperire le tracce di quei due momenti ben precisi della storia italiana, distanti fra loro quasi cinquant’anni ma uniti per sempre nella memoria dei ghiacci, sempre meno perenni. Al lavoro ben tre Università (Milano-Bicocca, PoliMi e Università di Brescia) in un partenariato con la Comunità Montana di Valle Camonica coordinato da Fondazione Lombardia per l’Ambiente e finanziato dalla Fondazione Cariplo.

Una carota ghiacciata di 224 metri

È lunga 224 metri la carota di ghiaccio estratta nell’ambito del progetto ClimADA, nel tentativo di ricostruire sia l’evoluzione climatica degli ultimi secoli, sia soprattutto l’impatto umano anche nelle zone più impervie ad alta quota. A circa 66 metri di profondità le analisi condotte presso l’EuroCold Lab della Bicocca di Milano hanno identificato un livello scuro (una decina di centimetri) che gli studiosi hanno associato al primo conflitto mondiale, combattuto in Italia tra il 1915 e il 1918. Gli studiosi stanno verificando anche l’eventuale presenza nello strato di ghiaccio dei materiali usati per armi e proiettili usati sui due fronti.

Dal 15-18 al nucleare

A una profondità di 23 metri circa, poi, è stata trovata – in un picco di trizio – l’evidenza di alcuni test nucleari condotti nel 1963. In precedenza, tracce dello stesso evento erano state trovate nel risultato di estrazioni andate più a fondo, a riprova ulteriore del progressivo ritirarsi dei ghiacci. A proposito di nucleare, anche l’esplosione della centrale di Chernobyl (allora Unione Sovietica, oggi Ucraina), potrebbe aver lasciato il segno e gli studiosi cercano picchi di cesio nello strato più superficiale del carotaggio. Anche in questo caso, un’eventuale fusione superficiale del ghiaccio potrebbe aver modificato la presenza delle tracce

Vulcani e deserti

Fortunatamente i ghiacci hanno restituito anche ricordi più naturalistici, come resti di polline di piante cresciute a valle, nonché carboni, spore di funghi e alghe che vivevano sul ghiacciaio. Gli studiosi vogliono capire se, dalle diverse tracce, sia possibile verificare una possibile presenza in loco di esseri umani e animali.
Fra le scoperte più interessanti nei ghiacci dell’Adamello ci sono anche livelli di tefra (il nome generico di tutti i prodotti piroclastici di un’eruzione vulcanica, dai quali si cercherà di datare il ghiaccio alle diverse profondità) e alcuni livelli scuri contenenti polveri minerali in arrivo addirittura dal Sahara, grazie alle quali verrà studiata la circolazione atmosferica negli ultimi secoli.

di Daniela Faggion

Il massiccio dell'Adamello, fra Lombardia e Trentino

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