La rete è davvero globale, collega quasi chiunque e quasi qualunque cosa: secondo un’indagine di Cisco, gli oggetti connessi al web sono al momento 10 miliardi , ma entro il 2020 sarà superata la soglia dei 20 miliardi di dispositivi. La proliferazione della così detta internet delle cose permette di interagire via web con cellulari, tablet, navigatori , ma anche con automobili, occhiali e – presto – con altri oggetti comuni. Il web è ormai dappertutto e i più importanti marchi dell’hi-tech stanno lavorando a progetti sempre più strani: Philips ha in programma uno spazzolino da denti connesso, mentre Apple si appresta a lanciare il suo orologio intelligente. L’economia legata alla rete e ai dispositivi connessi è quanto mai florida e vale 600 miliardi di dollari : nei soli Stati Uniti, il settore vale 250 miliardi di dollari, ma anche Cina, Germania e Giappone sono all’avanguardia. L’Italia, come spesso accade, arranca, soprattutto a causa della carenza di infrastrutture per il web veloce: “Il treno è partito – dice Flavio Bonomi, vice presidente di Cisco – : non si tratta più di previsioni e scommesse, i numeri sono chiari”. E sono chiare anche le problematiche insite nella diffusione capillare di oggetti connessi : che ne sarà della fantomatica privacy, del diritto all’oblio agognato da qualcuno? I dispositivi in rete trasmettono dati, comunicano posizioni e contengono profili degli utenti: informazioni che magari sarebbe meglio tenere riservate, appetibili per fini commerciali ma anche a rischio furto. L’anonimato non va di moda, ma legislatori (sulla privacy) e aziende (per la sicurezza) hanno l’arduo compito di mantenere sano l’ecosistema dell’internet delle cose.
Ogni cosa è connessa, internet è ovunque

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