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1 Marzo 2010 | Attualità

Ok del Cdm al decreto Romani, ridimensionata la parte del web

Il Consiglio dei ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo sui media televisivi, meglio conosciuto come decreto Romani , che recepisce la direttiva europea sugli audivisivi. Il provvedimento, non ancora disponibile nella versione completa, non va a toccare i siti internet che utilizzano video per uso personale o per fare informazione. A sottolineare questo aspetto, una nota del ministero dello Sviluppo Economico: ” Viene chiarito a quali servizi audiovisivi deve essere applicata la disciplina prevista dalla direttiva, con un elenco dettagliato delle attività escluse ” , tra le quali vengono citati espressamente ” i siti Internet tradizionali, come i blog, i motori di ricerca, versioni elettroniche di quotidiani e riviste, i giochi online”. Ridimensionata dunque la parte del decreto che equiparava i siti di video alle emittenti televisive tradizionali e aveva scatenato la vibrante reazione di popolo della rete, garanti della comunicazione e sostenitori della libertà in rete. Resta aperta la questione relativa ai portali commerciali come YouTube, fra i più acerrimi avversari del decreto nella sua prima formulazione. Il ministero si è limitato a garantire che non verrà applicata in alcun modo “una valutazione preventiva sui contenuti diffusi” , aspetto di prepotente attualità dopo la sentenza milanese che ha accusato Google per la pubblicazione di un video di un minore down, ” ma solo una necessità di mera individuazione del soggetto che la richiede con una semplice dichiarazione di inizio attività”.   L’internauta diventa quindi responsabile ed editore di se stesso e, come scrivevamo in tempi non sospetti (http://quomedia.diesis.it/news/21175/liberta-responsabile) , collaboratore a tutti gli effetti di una piattaforma che dovrebbe prendere in considerazione un riconoscimento economico per la sua collaborazione.   Parte del decreto, invece , gli obblighi di programmazione per tutti gli operatori (pay-tv compresa), le quote di programmazione e di investimento previsti per la Rai e l’accorciamento dei tempi per l’emanazione del regolamento nel cui ambito dovranno essere fissate le sottoquote in favore della cinematografia nazionale.

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