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25 Marzo 2007 | Economia

Poste entra nella telefonia mobile e può cambiare il mercato

Potrebbe essere Poste italiane il primo vero operatore virtuale di telefonia mobile italiana. L’operatore virtuale è colui che gestisce il servizio senza avere la proprietà della rete. Come accade in molti pesi del mondo. E peraltro è l’unico modo per arrivare a una vera concorrenza uscendo da un oligopolio di fatto degli attuali tre operatori dominanti. E così dopo Bancoposta e Postepay potrebbe arrivare per Poste anche la telefonia cellulare. Il progetto dovrebbe essere annunciato lunedì pomeriggio dall’amministratore delegato, Massimo Sarmi, al termine del consiglio di amministrazione che esaminerà il  bilancio 2006 del gruppo. L’operazione prevede che attraverso un accordo commerciale con un operatore già  attivo sul mercato, e che dispone quindi di una rete da mettere a disposizione, Poste mira a vendere con il proprio  marchio e con le proprie tariffe servizi di telefonia mobile. Potendo contare come valore aggiunto su una rete distributiva di circa  14.000 sportelli diffusi capillarmente su tutto il territorio  italiano. Il partner tecnico più probabile per l’operazione è Vodafone. Una ipotesi che poggia soprattutto sull’impegno preso dal  gruppo britannico con l’Antitrust per concludere entro il 31  marzo un accordo per la fornitura di servizi di accesso  all’ingrosso alla propria rete. Sulle voci, l’operatore  preferisce però non commentare: “in riferimento a quanto  riportato dalla stampa in merito a un presunto accordo tra  Poste Italiane e Vodafone Italia nel campo degli operatori  virtuali di telefonia mobile, – si legge in una nota – Vodafone  non commenta voci o indiscrezioni che riguardano terze parti e  che non sono confermate dai diretti interessati”. Del resto l’ingresso di operatori virtuali nel mercato potrebbe provocare un calo delle tariffe, e soprattutto obbligare tutti a un miglioramento dei servizi significativo. Se si punta al servizio senza dover vendere la rete che è di terzi, si stabilisce un nuovo parametri qualitativo a cui gli altri operatori si devono adeguare. Oggi a nessuno sfugge che Tim e Vodafone fanno sostanzialmente quello che vogliono sapendo che, a grandi linee, i clienti passano da uno all’altro, cioè della padella alla brace. Non solo. E’ diffusa la pratica di fare contratti generici che non specificano le condizioni, o addirittura senza contratti scritti. Un bel tema su cui l’autorità delle telecomunicazioni dovrebbe finalmente intervenire. L’ingresso degli operatori virtuali che si concentrano sui servizi in un regime di vera concorrenza potrebbero essere una vera rivoluzione da questo punto di vista.

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