In Italia, i contadini e pastori da sempre hanno ridotto il rischio di incendi nei boschi, grazie a una gestione sapiente del territorio. Oggi questa tradizione può essere un modello per la lotta agli incendi boschivi in molte parti del mondo.
Secondo quanto ha recentemente pubblicato sulla rivista “Ambio. A Journal of Environment and Society” l’antropologo Andrew Mathews, dell’Università della California a Santa Cruz, con la collaborazione di Fabio Malfatti del Centro Ricerche EtnoAntropologiche di Lucca, le pratiche che venivano messe in atto nel secolo scorso per gestire i boschi del Monte Pisano, in Toscana, sarebbero un modello di comportamento da insegnare alle comunità di tutto il mondo.
Dal racconto di testimoni intervistati, tutti contadini e pastori abitanti della zona, nati tra il 1928 e il 1956, è emerso che le foglie cadute a terra venivano raccolte e usate come lettiera nelle stalle e come fertilizzante per gli oliveti, mentre tronchi e cespugli diventavano legna da ardere. Le pecore al pascolo mangiavano l’erba, mentre gli abitanti erano soliti raccogliere funghi, erbe spontanee e bacche. In questo modo il bosco veniva ripulito da residui vegetali che potevano facilmente prendere fuoco. Gli stessi pastori a volte ricorrevano a piccoli incendi controllati per rimuovere le sterpaglie e, in caso di incendi veri e propri, erano tra i primi ad accorrere per spegnere le fiamme.
Oggi queste pratiche agropastorali sono per lo più poco conosciute a causa dei divieti statali e della mancanza di interesse scientifico. Una certa stigmatizzazione storica e l’ignoranza del lavoro contadino di genere da parte degli studiosi e degli stessi vigili del fuoco, hanno ridotto la comprensione dei processi ecologici e delle opzioni per ridurre il rischio di incendi.
Secondo i due studiosi, le comunità di tutto il mondo potrebbero imparare dalle pratiche di gestione degli incendi di Monte Pisano, nonché dalle conseguenze che derivano dal loro oblio: l’abbandono dei boschi avvenuto in Italia nella seconda metà del secolo scorso sarebbe molto simile a quello che sta accadendo in alcune parti dell’Africa e del Sud America.