Cattiva informazione, banalità, luoghi comuni. Queste sono solo alcune delle critiche mosse dal popolo della rete alla puntata di ieri sera di Report. Il programma di Rai 3 ha affrontato il tema del social networking e del successo (economico) delle web company facendo incursioni nell’ambito del pishing, dell’hacking e della geolocalizzazione. Di tutto, insomma, un po’. Troppo, secondo alcuni esperti del settore. La trasmissione aveva l’evidente obiettivo di creare consapevolezza: il successo di Facebook, Google, Youtube e simili deve chaimare a una presa di coscienza in merito alla gestione delle informazioni personali da parte di chi le cede anche consapevolmente. Con un ritmo squisitamente televisivo Stefania Rimini, autrice dell’inchiesta, ha chiamato in causa alcuni rappresentati delle società sovracitate e una serie giovani utilizzatori delle piattaforme in questione. Sono stati affrontati temi di cronaca, come il caso Google-vividown, e la spinosa questione della privacy. I rappresentanti di Facebook & C. hanno glissato e tenuto la linea introdotta da Google ormai dieci anni or sono: don’t be evil , non siamo (non siate) cattivi, facciamo tutto in nome della condivisione e della libera circolazione delle informazioni. Difficile crederlo dopo aver visto le risposte che hanno dato nel servizio di Report . E’ soprattutto, lecito domandarsi l’uso che questi evil o non evil fanno delle informazioni che cediamo loro nel momento dell’iscrizione. Iineccepibile, corretto e necessario il servizio di Report. Come lo è conoscere la base del funzionamento di questi meccanismi , imparare a usarli, a difendersi e a sfruttarli in modo costruttivo. Alfabetizzazione digitale insomma, compito che non è di Report e di nessun’altra trasmissione televisiva. Oggi, dalle 17 alle 18, l’autrice dell’inchiesta sarà disponibile al dialogo durante una videochat . Chi si fosse perso la trasmissione può riguardala qui .
Report parla della rete, che insorge

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