E’ passato quasi un anno da quando nell’agosto 2021 i talebani hanno ripreso il potere in Afghanistan contemporaneamente alla fuga del presidente di allora Ashraf Ghani, al ritiro della truppe internazionali e in particolare modo al ritiro delle forze americane dopo vent’anni di presenza nel territorio.
Si ricordano nitidamente le scene degli ultimi aerei presi d’assalto dai civili ostinati nel volere abbandonare il paese ormai destinato a un futuro di vessazioni e negazione della libertà.
Quegli aerei hanno lasciato giù moltissime persone, molte delle quali sono riuscite a fuggire oltre confine. Trecento di queste sono arrivate a Roma questa settimana grazie al primo corridoio umanitario per gli afghani reso possibile dall’accordo tra Stato italiano e societá civile. Ma non finisce qua infatti nelle prossime settimane è previsto l’arrivo di altri 900 rifugiati.
Questa missione si é realizzata grazie alla collaborazione di istituzioni e realtá sociali e risale al novembre 2021 quando i ministeri degli Esteri e degli Interni hanno firmato con CEI, Sant’Egidio, Fcei, Tavola Valdese, Arci, Oim, Inmp e Acnur un accordo che prevede l’arrivo di 1200 rifugiati tutti a carico delle organizzazioni umanitarie coinvolte.
Hanno sostenuto l’iniziativa anche Open Arms, assieme alla Ong Solidaire che ha fornito il Boing 787 per lasciare Islamabad e Fondazione Pangea onlus. Inoltre si é mobilitato anche il miliardario israelo-canadese Silvan Adams proprietario della squadra ciclistica Israel premier tech. Adams si é fatto carico dell’accoglienza delle otto atlete appartenenti alla disciolta squadra ciclistica afghana e occupandosi delle loro necessità.
Infine un “equipe” di istituti religiosi, famiglie, circoli Arci hanno iniziato a ospitare e accogliere le persone arrivate in Italia dimostrando che dal covid, al conflitto in Ucraina, la rete della solidarietá diventa sempre più ampia e sempre piú sensibile. Solidarietá e sostegno che si era verificato anche nell’agosto 2021 quando numerosi afghani avevano raggiunto l’Italia.
I profughi che sono arrivati questa settimana si erano tutti rifugiati in Iran e in Pakistan e da lí sono riusciti dopo infinite attese a lasciare i paesi. Si tratta per lo piú della minoranza Hazara, molte donne con bambini, attivisti per i diritti umani, collaboratori del governo spodestato, otto famiglie di collaboratori delle opere educative dei salesiani e persone perseguitate per l’orientamento sessuale.
La situazione in Afghanistan
Nonostante sia calata l’attenzione mediatica su quanto accaduto l’anno scorso la situazione afghana peggiora continuamente come emerge dal rapporto della Missione delle Nazioni Unite in Afghanistan (UNAMA) e da un nuovo report di Amnesty International “Morte al rallentatore: le donne e le bambine sotto il regime dei talebani”, entrambi usciti in questo periodo (luglio 2022).
Il primo denuncia la constante erosione dei diritti umani fondamentali da parte delle autoritá talebane che di fatto hanno limitato il dissenso reprimendolo con la forza le persecuzioni e le proteste e limitando le libertà dei media; il rapporto condanna inoltre gli arresti arbitrari di giornalisti, manifestanti e attivisti della società civile.
Il secondo report di Amnesty International é dedicato alle donne e alle bambine. “Da quando, nell’agosto 2021, hanno assunto il controllo dell’Afghanistan, i talebani stanno violando i diritti delle donne e delle bambine all’istruzione, al lavoro e alla libertà di movimento”, scrive Amnesty, “azzerando il sistema di protezione e sostegno per le donne che fuggono dalla violenza domestica, arrestando donne e bambine per minime infrazioni a norme discriminatorie e contribuendo all’aumento dei matrimoni infantili, precoci e forzati”.
Il rapporto, inoltre, denuncia arresti, imprigionamenti, torture e sparizioni forzate di donne che prendono parte alle proteste contro le norme oppressive dei talebani.
La situazione dei diritti umani è stata esacerbata da una crisi economica, finanziaria e umanitaria a livello nazionale di dimensioni senza precedenti sottolinea il rapporto delle Nazioni Unite. Almeno il 59% della popolazione ha ora bisogno di assistenza umanitaria, con un aumento di sei milioni di persone rispetto all’inizio del 2021.
di Sara Giudice