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30 Gennaio 2014 | Innovazione

Rivoluzione di rete, ambizione irrisolta

In tre anni, il 50% della popolazione italiana sarà servito da una nuova banda , una connessione internet più veloce ed efficace. La rete internet nazionale ne trarrà enorme beneficio e con essa i servizi e l’economia digitale. Questa la prospettiva illustrata dal premier Enrico Letta e dal commissario all’Agenda digitale, Francesco Caio . Un ottimismo d’altri tempi, dopo gli ultimi riscontri negativi sull’efficienza delle connessioni internet nostrane , che nell’ultimo trimestre del 2013 hanno persone velocità media e ridotto i picchi massimi, proiettando l’Italia nel terzo mondo digitale (banda sotto i 4,9 Mbps di media, disponibile solo nel 49% delle abitazioni). Gli obiettivi del Governo sono estremamente ambiziosi: Letta ha ribadito il ruolo attivo dell’esecutivo, che dovrà “costruire obiettivi vincolanti” per le imprese di settore, così da forzare gli investimenti e l’ammodernamento. “Esistono strumenti che vanno dagli atti di indirizzo fino alla bomba atomica in cui la valigetta l’hanno in mano Governo e Parlamento e in cui il bottone rosso è lo scorporo e la pubblicizzazione della rete che è l’estrema ratio se si verifica che gli impegni non vengono raggiunti” , ha detto il presidente del Consiglio, chiamando in causa direttamente Telecom Italia e la gestione della sua rete, uno dei nodi principali per l’evoluzione delle tlc italiane. Se il primo operatore nazionale non garantirà alta qualità e performance d’eccellenza, il Governo potrebbe spingere per lo scorporo della sua rete , mentre sinora si è limitato a fare da tramite tra l’ex azienda di Stato e i concorrenti nella trattativa sulla riorganizzazione delle infrastrutture, senza per altro giungere a una soluzione. Vodafone, Wind e gli operatori stranieri che sin qui si sono tenuti a distanza dall’Italia premono per una liberalizzazione completa, mentre Telecom prova a difendere il proprio patrimonio, in attesa di risolvere i problemi di bilancio. Nel rapporto sull’Agenda digitale si sottolinea la “necessità di una forte accelerazione” per tappare le falle dell’attuale rete di banda larga:  entro il 2020 si dovrebbero raggiungere i 30 Mbps per tutta la popolazione e i 100 Mbps per il 50% degli abitanti , in linea con gli obiettivi fissati dall’Unione europea. Ma negli ultimi anni ogni tentativo di strutturare la crescita del settore, fissando traguardi per l’ammodernamento, è andato fallito, per carenze industriali (leggasi investimenti) e dei consumatori (ovvero, domanda latitante). Le parole di Letta stridono con la triste realtà dei fatti, che presenta un’Italia arretrata e lontana da una completa consapevolezza del potenziale digitale.  Esiste una possibilità di redenzione per tutti, anche per l’ecosistema web italiano, penalizzato da reti lente e desuete, ma serve agire in fretta e sbrogliare alcuni nodi politici: quanti fondi arriveranno dallo Stato per lo sviluppo digitale? Come verranno allettati potenziali investitori stranieri? Il Governo ha precisato che “tutti sono benvenuti in Italia se investono nella banda larga” e che nel documento sull’Agenda digitale “non si parla di assetti proprietari” , ma Telecom come reagirà? Una eventuale chiusura del primo operatore nostrano non scoraggerà le compagnie straniere? Quanto la politica e gli imprenditori credono nella rete? Si può lavorare insieme e coerentemente per dare una spinta reale all’internet nostrano? Gli ostacoli normativi, culturali e finanziari non mancano, la rivoluzione sembra una chimera di cui si parla tanto, fino ad astrarla del tutto.

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