Colin Farrell, Paz Vega e Danis Tanovic. Questo il trio che ieri ha inaugurato la quarta edizione del Festival del Cinema di Roma . I due attori sono protagonisti di ‘Triage’ ultima opera di Tanovic tratto dall’omonimo romanzo dell’inviato di guerra Scott Anderson. E proprio il conflitto, con le sue dinamiche e le sue atrocità, è nodo cruciale e contesto onnipresente del film. Tanovic, già premio Oscar per ‘No man’s land’, torna a prendere posizone sul tema a lui più caro : la dissociazione e gli effetti che la guerra ha su chi la vive in prima persona. Non può far altro che constatare la sempre crescente ‘fame di battaglia’ del mondo contemporaneo, e si dice pessimista sul futuro e il ruolo delle istituzioni che dovrebbero garantire la pace: “L’Onu scomparirà come la Società delle Nazioni. Il concetto su cui si basa è la neutralità, ma la neutralità non esiste. Esiste, invece, il non far niente, quello sì, il non prendere posizione quando invece bisognerebbe farlo. Nel mio paese, in Bosnia, hanno imposto l’embargo quando tutti gli altri erano già perfettamente armati” La sensazione è che un ruolo cruciale spetti, ancora, all’informazione, unico veicolo possibile per spiegare, diffondere notizie e storie sulle sofferenze belliche: “ Noi bosniaci siamo un esempio di come i media possano salvare la vita delle persone – prosegue il regista slavo – Se non ci fosse stata Christiane Amanpour, l’inviata della Cnn, di noi si sarebbe saputo ben poco. Ho grande rispetto per chi fa questo mestiere ”. ‘Triage’ parla anche di questo, ma strettamente legato all’informazione c’è il problema del come raccontare la guerra, trattato nella pellicola eludendo ogni pretenzioso tentativo di oggettività: “ L’oggettività non esiste, tutto è invece, inevitabilmente, soggettivo ” conclude Tanovic. E il grande schermo è ‘solo’ un punto di vista, un occhio. O un pugno nello stomaco.
Roma apre con Triage: la guerra sul grande schermo

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